giovedì 15 marzo 2012

Donne di fede, ma poca grazia

Prussia, secolo scorso ma forse anche qualcosina in più.
Avevamo lasciato il nostro Waccher a soddisfar la giovine Lucilla sul tavolo della cucina, tra cavoli, verze e tuberi. L'amplesso di regal durata venne però interrotto da dei possenti nitriti provenienti da Donato, il cavallo parlante dell'allevatrice.
I due sudati amanti, ignudi come vermi, si affacciarono intimoriti alla finestra della topaia che li ospitava rimanendo altresì sconvolti nel vedere nientepopodimenoche l'Arcivescovo di tutte le Prussie incedere a passo svelto verso di loro.
"Uscite, dannati!" urlò a gran voce. "Le mie suore! Avete vilmente derubato e deturpato le mie unte dal Signore! Dovrete essere puniti per questo!"
Augustus e Lucilla, rivestitisi, uscirono ad affrontar il prelato, rosso in volto.
"Ma vede, signor vescovo..." cercò di proferir il Waccher.
"ARCI vescovo semmai! Taci vile essere! Sprofonderai nella bocca di Ade!" urlò l'iracondo arcivescovo, ormai violaceo.
"Senta, ma l'Ade non è nella mitologia greca?" pignolò Augustus.
L'arcivescovo, prese dello sterco di capra che era in terra e lo lanciò addosso al Waccher, così, per rimarcare la di lui condizione di stolto.
Nel frattempo, la povera Lucilla, che aveva dato per certo la storia del Waccher su come aveva fatto a racimolar i soldi dal contadino lo affrontò a muso duro. "Augustus, mi hai mentito! Hai davvero derubato delle suore, che portano pure infauste conseguenze?" gli chiese.
"Mia adorata, ecco... beh... si... in verità ti dico che è accaduto ciò." confessò il giovane.
Una sonora sberla lasciò le impronte delle 5 dita sul volto del Waccher, che come al primo incontro, svenne dal dolore.
Lucilla, intimorita dall'arcivescovo e dalla temibile maledizione delle suore, lanciò il sacchetto con i dinari per terra e si chiuse in casa.
L'arcivescovo, non prima di aver emesso uno sputacchio di disprezzo sul corpo esanime del Waccher, prese i soldi e se ne andò via, sempre a passo svelto fischiettando una litania religiosa.
Dopo essersi ripreso, Augustus, ormai sfinito da questa serie di nefasti avvenimenti si mise a sedere e rimuginò a lungo sul da farsi. Intanto, accanto a lui, il buon Donato che aveva assistito a tutta la scena si mise a sbrofonchiare con le labbra e disse al giovane abbattuto "Beh, avresti dovuto immaginarlo che la vil menzogna non poteva che portar guai. La mia padroncina è iraconda e non ti conviene affatto riprovar a conquistarla."
"Hai ragione sommo equino. Devo andarmene ancora una volta a vagar per le terre." proferì il Waccher mestamente. "Addio". E così dicendo, si incamminò verso il centro città. Di nuovo solo e di nuovo senza una meta.
Fermatosi ad abbeverarsi presso una fontana, scorse con la coda dell'occhio le suore che aveva derubato, mentre si cibavano ad una locanda.
"Corbezzoli, le suore! E' giunto il momento di far pagare loro questa invereconda situazione!" disse mosso dall'ira.
Si avvicinò al trio di pie donne, mentre queste si alzarono dal tavolo e le seguì.
Il percorso fu breve, poiché esse si fermarono all'interno della chiesetta della piazza.
Entrò furtivamente a passo felpato e si nascose dietro ad una panca.
Come ad un segnale convenuto, le tre suore si misero a recitar il rosario, che a quei tempi durava qualcosa come 10 ore e mezza. Il Waccher decise di non indugiare oltre, si alzò e urlò: "Voi, donne di fede! Voltatevi!". Le tre si girarono di scatto, con dipinto sul loro volto lo stupore.
Il Waccher ora poteva affrontarle, ma un dubbio iniziò a corrodergli il sorriso mefistofelico che aveva dipinto in volto. Con cosa poteva affrontarle? La loro forza è risaputa. E non vi è più il buon Donato sul quale fare affidamento.
Quindi, decise di sfoderare l'unica arma che aveva. Il suo possente membro, che tanti dolori sentimentali gli aveva procurato, proprio per le dimensioni. E così, afferrandolo come una scimitarra, si mise a menar fendenti per l'aere quasi a voler spaventare le suore, che però, osservando la scena iniziarono a sghignazzare.
"Finalmente, dopo anni e anni di litanie, iddio ci ha benedetti con la nostra richiesta! Un uomo ben assortito!" dissero in coro.
Il Waccher capì con orrore a cosa era andato incontro e cercò una via di fuga, ma inutilmente. Una suora lo ghermì e lo sbattè interra in malo modo, mentre le altre due iniziarono a far nefande cose sul suo corpo.
Il Waccher decise di chiudere gli occhi poiché prima o poi quel martirio sarebbe finito, le tre suore erano alla vista particolarmente orripilanti poiché come ordinò il kaiser parecchi anni prima, ogni donna di bruttura inaudita doveva farsi suora, quindi possiamo solo immaginare le tristi visioni (e non solo) cui il Waccher dovette assistere.

 ... continua ...

mercoledì 14 marzo 2012

Storia di una talpa

Rieccomi qui, con una nuova mirabolante storia, adatta anche ai più piccoli tra voi, o fedelissimi lettori.
Mi sono arrivate molte letterine (spesso impiastricciate di cibo, nutella e cibi da merenda. Diamine, contenetevi!) chiedendo a gran voce il ritorno delle liete novelle con animali protagonisti. E io, come noto, non riesco a rimanere indifferente dinnanzi alle richieste di quelle piccole teste di cxx che mi scrivono.


C'era una volta, in un campo semi-arato del bellunese, una talpa con seri problemi visivi.
Infatti, come tutte le altre appartenenti della sua specie, era affetta da ciecità.
Certo, non veniva etichettata come gli umani con l'ipocrita definizione di "non vedente" o "diversamente vedente" o "diversamente avente diottrie". No, tra gli animali vige ancora la legge della brutalità spiccia verbale, quindi dirò che era proprio cieca.
Ella viveva in una tana scavata nella terra con le sue zampette artigliate. Era una tana recente, scavata da pochi anni usando esclusivamente l'olfatto e il tatto. Non vi dico che difficoltà nel farla, ma tantè che ormai era fatta ed era pure spaziosa. Ma essendo cieca, era difficile aver gusto e stile nelle cose e quindi si ritrovava con un monolocale interrato arredato alla (scusate il termine) cazzo. Pareti pitturate di giallo e grigio mischiate insieme, mobili ikea montati in modo strano e ancor peggio, con dei moderni water a risucchio che però, non vedendoci, ha collegato in malo modo le tubature, perciò ogni qual volta urinava o defecava si riempiva la casa di merda.
Aveva anche i suoi appuntamenti galanti che il più delle volte però si trasformavano in orripilanti scopate con altri animali. Lei, povera, non riusciva a distinguere subito se fosse o meno un talpo, così finiva per cadere nella trappola di astuti predatori sessuali. Si era fatta, inconsapevolmente, tacchini, opossum, rane, bisonti e saltuariamente anche esseri umani particolarmente pervertiti, tutti costoro si erano spacciati per aitanti talpi. L'inghippo nel quale cadeva sempre era il cosiddetto "trappolone della porta", ossia quando doveva aprire la porta della sua tana, chinandosi, lasciava libero spazio a chiunque volesse approfittare del di lei deretano.
Insomma, la sua vita finora non era un granché, così decise di abbandonare baracca e burattini (era infatti anche una grande collezionista di burattini di legno cingalesi) e partire alla ricerca di fortuna.
Il suo viaggio durò un'eternità siccome per fare 100 metri prese testate a destra e a manca, centrando ogni albero del circondario. La sua fortuna però arrivò mentre era intontita e stesa a terra dopo aver sbattuto contro un enorme faggio. Le sue acute orecchie da talpa udirono un vocio di umani e ben presto capì dov'era finita.
Accanto al campo semi-arato vi era infatti la sede della Rai. Lì, con il suo cavallo di bronzo, vi era la più grande rete televisiva in italica terra. E accanto a quella umana, in un terreno poco distante, vi era la rai delle talpe. Praticamente non serviva a nulla perché i programmi erano esclusivamente radiofonici e solo poche talpe potevano permettersi una moderna radio ad onde corte e anche un po' più lunghette, però era un lavoro molto ambito perché venivano richieste quasi quotidianamente nuove voci suadenti da mandare in onda ed allietare le ore delle talpe abbienti.
Entrò di gran lena all'interno degli uffici per il casting. Vi erano almeno altre 50 talpe dalla voce molto aggraziata. A lei era stato sempre detto di avere una bella voce, ma quei complimenti venivano da altri animali che non erano talpi e quindi non potevano sapere se era bella o brutta e non facevano testo.
Insomma, dopo aver fatto un po' di coda, ecco arrivare il suo turno. Venne registrata e fatta riascoltare e fu un successo.
Ottenne il posto vacante tra le 2.00 e le 4.00 del mattino subito dopo un porno acustico molto in voga tra i vecchi laidi talpi.
Insomma, tutto sembrava presagire ad un trionfo e ad una nuova vita. Ma oscure nubi si avvicinavano all'orizzonte.
Infatti, dopo qualche mese di lavoro iniziò a riceve insistenti lettere di avance da parte di un ammiratore. Egli continuò imperterrito a stalkerare, facendole trovare addirittura della cicorietta fresca sotto casa (della quale lei andava ghiotta).
Ben presto, seppur intimorita, la talpa rimase colpita da questo impeto d'amore che smuoveva il talpo stalker e decise un giorno di cedere alle sue avance e lo invitò a cena a casa sua.
Sebbene fosse corpulento e un po' rozzo nei modi, a lei non dispiaceva. Tutto sembrava andare a gonfie vele fino a quando il talpo chiese di andare alla toilette. E successe l'irreparabile.
Litri di merda fuoriuscirono dalle tubature e la porta d'ingresso si ruppe (dannata ikea e dannata talpa che essendo cieca non poté montarla secondo le istruzioni).
Le due talpe intrappolate, cercarono di picchiare sulla porta, in preda alla paura più cieca (giustappunto).
In quel momento, il burbero contadino padrone del campo si avvicinò alla tana e imprecando disse "ma cos'è questa puzza di merda? Cos'è sta roba qua??" e sfondò la porticina della tana a colpi di mano aperta (da buon villico). Le due talpe fuoriuscirono seguite dalla litrata nauseabonda che ricoprì dalla testa ai piedi il contadino che armato di vanga iniziò a rincorrere le talpe per il campo, tramortendole a badilate.
Egli scelse la talpa per portarla alla figlioletta, mentre gettò il telpo in autostrada, facendogli fare una fine alquanto brutta. La figlia di costui era enormemente brutta e la talpa le serviva come animaletto domestico per tenerle compagnia, siccome non aveva amici e non potevano permettersi il cane e visto che la sua cameretta aveva un pavimento in terra... beh era perfetta come animaletto da compagnia.
La talpa quindi, trovò un rifugio sicuro nella casa del contadino, continuò il lavoro notturno alla radio e... beh.. purtroppo gli appuntamenti galanti continuarono ad andar male fino a quando la talpina si innamorò di un animale peloso e muto, che ascoltava sempre le sue storie e la teneva al caldo quando serviva: il peluche a forma di chiwawa della figlia del contadino.

La morale della fiaba è, cari bimbi, che l'amore è cieco, ma se siete delle talpe santiddio evitate di costruir da voi le case e soprattutto le tubature dei cessi.