venerdì 7 dicembre 2012

La vera storia dell'Immacolata Concezione

La storia che vado raccontandovi è un po' particolare. Sia perchè sarà il lasciapassare ufficiale per una mia scomunica diretta e irreversibile, sia perchè la storia in sè è ricca di spunti interessanti, ambiguità, solenni fesserie e colpi di scena. Roba che manco il delitto di Avetrana o lo Zio Michè potrebbero sminuire.

L'8 dicembre si festeggia una copulazione. 
Copulazione che ha avuto come risultato un concepimento. Così, al primo colpo. BAM! 
Come narrato nel controverso best seller "La Sacra Bibbia II: Il Nuovo Testamento" (tomo che originariamente era il preludio di "50 sfumature di grigio") Maria Vergine, la protagonista, ebbe una relazione clandestina con il bellissimo Gabriele, un aitante pilota norvegese in viaggio nel tempo. 
Ella, dopo una notte di furioso amplesso, rimase incinta. Il seme di lui, forte della sicumera tipica dei norvegesi, fecondò al primo colpo il grembo della giovane donna, che non potendo far nulla per nascondere il fattaccio e davanti alle pressanti domande di Beppe (noto falegname della bassa Gerusalemme, basso e scuro di carnagione) che si insospettì per l'aumentare della pancia della moglie,  si inventò una scusa che ai più divenne dogma di fede: l'immacolata concezione. 
Le cronache apocrife narrano di un violento dialogo tra i due, ma Maria che era una brillante oratrice riuscì ad indorare il tutto raccontando la storia di un angelo apparso dal nulla mentre lavava le vesti e la rese pregna del figlio di una divinità con la sola circonfusione di luce. 
Il povero Beppe che non brillava di acume, si inginocchiò e accettò il fatto.
Certo, poi quando nacque il pargolo... alto, biondo e occhi azzurri*... la cosa divenne palese, ma tanto alla fine tutti urlarono al miracolo e la cosa passò in secondo piano.
*(testimonianze delle sue fattezze sono presenti in ogni chiesa. Ah, ironia della sorte!)

MADONNAMIA! Esclamerete voi fedeli lettori. Si, questa è la vera storia della festa che cade l'8 dicembre.
Come dite? non ha senso? Come faceva un norvegese a viaggiare nel tempo?
Beh, come preferite. Se non credete alla mia versione, continuate a seguire quella "ufficiale", sicuramente molto più plausibile. Tzè.


giovedì 15 novembre 2012

Il coinquilino di merda

- BASATO SU UNA STORIA VERA -

Allora, c'era una volta... ma mica tanto tempo fa, un giovinotto dall'aria regale, ma al contempo imbecille.
Viveva da solo in un monolocale al centro di Villapizzone e soffriva di solitudine.
Tornava da lavoro ed era solo, dormiva solo, mangiava solo, cagava solo e faceva pure all'amore da solo.
Insomma, una bella vita in solitudine.
Un giorno, decise di fare un casting per trovare un coinquilino. Certo, l'ambiente era piccolo, ma poteva starci.
Si mise a mettere annunci a destra e a manca e ben presto iniziarono ad arrivare genti a frotte.
Il problema era che sto benedetto coinquilino lui lo cercava perfetto. O meglio, lo cercava secondo il suo standard di perfezione... così facendo gli fu impossibile trovarlo.
Colto dalla disperazione iniziò a piangere e a dimenarsi, maledicendo tutta quella solitudine.
Un giorno ebbe una brillante idea e iniziò a costruirlo da solo, usando le sue stesse feci, in mancanza d'altro.
Fece (e qui è proprio il caso di ridere per l'arguto uso del verbo) dapprima le gambette, poi via via che i giorni passavano e la merda si accumulava, costruì il busto, le braccia e infine la testa con un buffo sorriso disegnato con il dito spalmato sulla superficie melmosa.
Ci mise un paio di settimane ma alla fine il risultato era lì sotto i suoi occhi. Un coinquilino di merda.
L'odore però iniziava a dargli alla testa e si mise a vaneggiare e ad avere forti allucinazioni.
Si immaginò pesanti discussioni di politica e affari economici.
Una mattina si alzò di malumore e gli tirò persino un ceffone, dopo una furiosa litigata, ritrovandosi la mano completamente sporca di merda.
I suoi colleghi iniziarono a capire che qualcosa non andava dall'olezzo infernale che emanava ogni qualvolta entrava in ufficio e i suoi vicini di casa si lamentarono più volte col portiere che, temendo di avere un cadavere in casa, fece fare irruzione alle forze dell'ordine e trovarono l'ometto fatto di merda.
Essi non poterono far nulla, poichè in Italia è risaputo che far figure di merda non è reato e lasciarono perdere, non prima di aver scosso la testa in segno di disapprovazione.
Ma il solitario giovinotto non si diede per vinto e riuscì a ritrovare un buon rapporto con il coinquilino, passando altre giornate liete a discutere e giocare con la playstation.
Ma una calda giornata di luglio, complice l'Anticiclone Africano mischiato con quello delle Azzorre, sciolse il pupazzo di merda e il giovinotto si ritrovò di nuovo, orribilmente solo.

sabato 10 novembre 2012

L'angolo della poesia (2) Autunno

Oh Autunno,
mese con il qual non fa rima nulla
e al poeta per cercar, la mente frulla.

Oh Autunno,
mese dai mille stupendi colori
e se tempo di concimar, anche da' mill' odori.

Oh Autunno,
gli animaletti del bosco in letargo vanno
e tu non dai lor nessun affanno.

Oh Autunno,
La tanetta hai fatto lor costruire
e adesso finalmente li lasci dormire.

Oh Autunno,
sei anche un periodo un po' scontroso
perchè lascerai il posto all'inverno nevoso.

Oh Autunno,
che abbandoni le creature sotto coltri di neve
ed esse moriranno dopo aver trascorso una vita breve.

Oh Autunno,
di tutti i mesi sei sicuramente il più bastardo,
spero che alla tua consorte le cose arrivino in ritardo.

martedì 30 ottobre 2012

Lo scheletrello vendicativello

Ecco. Halloween. Scommetto che voi, o miei piccoli lettori, siete lì tutti ansiosi di travestirvi da bestie immonde, vampiri (che van di moda per colpa di quelle troiate spacciate per film), zombie e altre vaccate varie sperando di far paura al prossimo quando in realtà, per spaventare, dovreste solo andar in giro con il vostro grugno appena svegli... pfui! Ma le mode son mode, anche se con l'italica terra han ben poco a che vedere. Ma tant'è... beccatevi sta storiella in puro mood (si, lo dico in inglese perchè fa figo ok? qualcosa in contrario?) halloweenesco. 
Oscurità, atmosfere inquietanti et orripilanti vi attendono...

E' un luminoso pomeriggio d'aprile. 
Nell'amena radura di Tagliabacco sul Membro alcuni coniglietti zompettano allegramente, ben consci di essere salvi anche per questa stagione pasqualina. 
I fiori irradiano colori nei campi che neanche un quadro di cezanne può esplicarne la bellezza.
Nonno Tommaso sta sonnecchiando sulla sua sedia a dondolo, posta sul patio della sua casa di campagna. Ha ormai 98 anni e il suo volto rugoso denota una vita di lavoro e fatica. Ora sta riposando, dopo una lunga contemplazione di questo paesaggio fiabesco. Il frinire delle cicale concilia il sonno del vegliardo e il primo caldo lo culla mentre la seggiolina va avanti ed indietro.
Ad un certo punto, dalla porticina sulla veranda sbuca Mariolino, il simpatico nipotino di nonno Tommaso, che nonostante il suo problema di gastrite latente non vuole perdersi questa meravigliosa giornata e decide di andare a giuocare con la palla nei prati fuori casa. 
La giornata trascorre così lieta, quando ad un certo punto il piccolo Mariolino decide di fare uno scherzo al nonno: svegliarlo a suon di pallonate. 
Con un tiro preciso e potente il piccolo scaglia la palla con mirabile precisione proprio sul viso del nonno addormentato scaraventandogli la dentiera dritta dritta nella trachea. Ah, quel Mariolino! Che discoletto!
Nonno Tommaso muore così, soffocato dai suoi stessi denti (e ok, beh anche di saliva e succhi gastrici, ma son dettagli che mal si addicono ad un pubblico giovane come il vostro).
L'orologio e il calendario scorre così inesorabile fino al 31 ottobre dell'anno venturo.
E' la notte di Halloween.
Il lento processo di decomposizione ha ormai reso nonno Tommaso uno scheletro.
Si sa che nella notte di Halloween succedono le peggio cose. Succede così che nonno Tommaso torna in vita grazie ad un sortilegio operato da Maghello, il fuocherello fatuo che aleggia nel cimitero di Tagliabacco sul Membro.
Lo scheletro, che aveva passato tutto questo tempo a maledire quell'idiota del nipote, decide così di vendicarsi. Aiutato dall'oscurità, si reca nottetempo nella casa di campagna ora divenuta un agriturismo, siccome la famiglia non vedeva l'ora che schiattasse per farci dei soldi, ma questa è un'altra triste storia.
Lentamente, barcollando, sgattaiola al suo interno e si porta nella cameretta di Mariolino che dorme profondamente, aiutato dalle caramelle che ha ingurgitato durante la ronda dello scherzetto o dolcetto e dalla pillola di sonnifero che i suoi genitori gli hanno dato per poter permettere loro l'amore carnale senza essere disturbati.
Nonno Tommaso è ora lì, faccia a cranio con il nipote che lo ha ucciso e medita sul da farsi. 
Ucciderlo nel sonno? Soffocarlo con una rotula? Prenderlo a tibiate come la scena di nonnismo di Full Metal Jacket? 
Vada per il pugno. E quando il pugno tutto ossuto del nonno colpisce il letto, mal calcolando la posizione del nipote (insomma già è buio e non si vede, in più è senza occhi essendo scheletro) si frantuma in mille pezzi e siccome non ha legamenti ne muscoli.. ecco che tutto lo scheletro cade in terra come un mucchietto di ossicini di pollo mal mangiati.
La mattina seguente, la famigliola nota con disgusto i resti umani sul pavimento di Mariolino, ma pensando ad una marachella del bimbo data l'età (insomma, questi bimbi bisogna pur lasciarli sfogare no? Se no si priva loro della libertà necessaria per una vita serena, quindi si perdona anche una piccola scappatella al cimitero a dissotterrar cadaveri). E che sarà mai! E con una sonora risata, la famiglia felice esce a prendersi un bel cappuccino, non prima di aver gettato le ossa nel pattume.
Rigorosamente nell'umido che se no il comune dà la multa per la raccolta differenziata.

Beh? cosa vi aspettavate? Un po' di realismo suvvia! E ora, come ci ha insegnato la storiella, andiamo tutti insieme a dissotterrar cadaveri nel cimitero più vicino! Via, che è Halloween! 

venerdì 12 ottobre 2012

La ranocchia australiana


"E' il simbolo del decadimento dei costumi e della morale. Dovrebbe essere censurato, o meglio, spazzato via dal web". (The New York Times)
"E' una merda" (L'Osservatore Romano)
"Mi piace leggere il blog di quel comunistello perchè è sempre pieno di figa e racconti osé." (S. Berlusconi)
"I love Matt's Blog." (Barack Obama) 
"L'unico blog al mondo in grado di unire la Chiesa ed Al Quaeda nell'odio comune verso una singola persona." (L.A. Times)
"Il tuo blog fa cagare e vorrei tanto ucciderti." (Maria Teresa Ruta)
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Miei piccoli amici, eccoci di nuovo giunti alle classiche fiabette della buona notte che vi sollazzano dopo il bicchierone di latte con biscotti che vi sbevazzate in pigiama prima di coricarvi.

Questa è la storia di una ranocchia australiana.
Era nata in città, a Brisbane. Metropoli sperduta, ove il cambio dei tempi si faceva sentire. 
La tecnologia, infatti, iniziava a sostituire gli animali in carne ed ossa con dei surrogati di ferro e microchip, come per esempio i canguri cibernetici. 
Erano stati creati per dilettare i turisti fuori dai negozi e ristoranti, con salti ed acrobazie... ma ben presto si rivoltarono contro gli odiati umani e iniziarono ad attaccarli. 
Poi furono create passeggiate suggestive vista-oceano, ma le gabbie laterali (ove però erano stati messi dei simpatici fiori per aggraziare il tutto) inglobavano i passanti e non li facevano più uscire. 
Insomma, da città simbolo del commercio di pellame divenne città sgradita ai più.
Persino i tipici beduini-aborigeni con tanto di cammelli del deserto del Queensland, che stazionavano fuori dai cinema per raccattar qualche dinaro, furono costretti alla fuga. 
La nostra ranocchia, che voleva vivere in tranquillità, si spaventò molto e decise di fuggire verso le foreste pluviali del profondo est dell'Australia, ove le piogge erano abbondanti e la tecnologia assente.
Il viaggio fu molto periglioso e incontrò sul suo cammino le più disparate genti.
Trovò surfisti brasiliani, uno più brutto dell'altro. Un koala in fiamme (si, un burlone australiano voleva rivisitare "la giraffa in fiamme" di Dalì usando della fauna locale) e una lucertola anch'essa fuggita da Brisbane e in cerca di una nuova città dove vivere.
Un giorno, dopo due lunghi ed interminabili mesi di viaggio, mentre zompettava felice lungo la strada che doveva portarla verso la foresta, incontrò un canguro che era stato investito.
Uno dei tanti, perchè dovete sapere che in Australia vi sono due tipi di canguri: quelli vivi e saltellanti e quelli morti o moribondi sul ciglio della strada.
"Oh, ranocchia, ranocchia vispa! Di me non v'è certezza alcuna. Morirò tra poco, ma tu saltella fin che puoi!" disse con un filo di voce.
"Ma che ti è successo povero cangurello?" disse lei. 
"Eh sai com'è. Stavo defecando spensieratamente sul ciglio della strada per delimitare il mio territorio, quando dal nulla è sbucato un Van con dei turisti croati e mi hanno centrato. eheheh"
"Oh perchè ridi?" chiese la curiosa ranocchia.
"Dovresti vedere che striscia di cacca ho lasciato loro sul cofano!" rispose lui.
Ad un certo punto, nel bel mezzo dell'aulico discorso, sentirono un forte rombo e una jeep sbucò da dietro la curva, il mezzo inchiodò e scesero tre fanciulle di umana razza. "Guarda, guarda!" urlarono in coro "Una rana!!!" "'Fanculo il cangurello moribondo, quella è una rana vera!" "Com'è verde, com'è verde!" 
La presero in mano e la accarezzarono. "Ora ti salviamo noi! Ti portiamo verso la città di Brisbane che è un posto molto più adatto a te!"
Una sequela di improperi che finivano tutti in "cra..cra" furono uditi fino alla barriera corallina, dove diversi delfini dovettero impegnarsi per tappar le orecchie ai piccoli e non far sentir loro simili male parole. 

La morale è semplice, miei piccoli amici. Mai trasportar fauna sperduta da un luogo all'altro. Santiddio ci sarà un motivo sul perchè si trovino lì le bestie.

sabato 29 settembre 2012

Purgo il marmotto

Tante sono state le mail giunte nella mia casellina, da parte di voi piccolissimi lettori e lettrici, chiedendomi a gran voce altre nuove fiabette con pratogonisti quelle simpatiche bestie del mondo animale. Ebbene, dopo un periodo di vacanza e di relativi sfrizzi e sfrazzi, ho deciso di accontentarvi.

L'autunno è una stagione particolare, ove le bestie iniziano chi a dormire per mesi e mesi, chi a svolazzare da un emisfero all'altro per trovare caldo e sfuggire ai malanni del freddo.
La storia che vado raccontandovi, narra dei preparativi per il lungo letargo del marmotto di nome Purgo. 
Purtroppo nel difficile mondo delle marmotte i nomi vengono dati d'ufficio e per estrazione, indi per cui possono capitare curiosi fenomeni di nome-cretino che possono scontentare alcuni.
Ma questo non è il caso di Purgo, il quale accettò di buon grado questa sua condizione di marmotta dal nome buffo, anzi.. ne fece addirittura un logo per la sua azienda di costruzioni: un cerchio con in mezzo una colata di merda.
Ma Purgo era una marmotta, oltre che solare e mansueta, anche molto puntigliosa e organizzatrice.
Il giorno in cui l'afa estiva fece spazio al freschello autunnale, fece scattare in Purgo l'ansia per i preparativi del lungo riposo. Iniziò di buona lena e in largo anticipo ad accatastare all'interno della sua tana chili di derrate alimentari, che poi erano composte essenzialmente da noci e ghiandine; iniziò a ingrassare per accumulare i grassi necessari per scaldarsi durante le fredde sere invernali e cambiò addirittura il materasso, insomma.. doveva trascorrere quasi 6 mesi dentro quella tana... meglio adagiarsi in un comodo materasso ad acqua, pensò.  
Quando finalmente le prime foglie caddero dai rami, Purgo era già pronto. Sbrigò le ultime faccende, chiuse l'azienda ponendo sul suo cartellone il cartellino "in letargo" proprio dal cumulino di merda del logo (amava questo tipo di burle) e si rintanò al calduccio chiudendo la grande porta d'ingresso con doppia mandata.
Certo, sono sicuro che molti di voi si son sempre chiesti che diamine facciano tutto il tempo le bestiole in letargo. Dormono tutto il tempo? No.
Dovete sapere che essi sono i principali responsabili delle votazioni durante i reality e i talent show. Esatto, quelli che voi guardate e pensate "ma chi cazzo è quel coglione che vota sul serio?". Purgo il marmotto era uno di questi. Passava tutto il tempo a guardare la tv, sdraiato sul nuovo materasso ad acqua, sgranocchiando le nocine.
Una fredda notte di gennaio sentì bussare alla sua porta.
TOC TOC TOC.
Purgo si alzò dal suo giaciglio, si stiracchiò, si pulì gli occhietti cisposi e si diresse verso l'ingresso.
Ad un certo punto sentì un forte vento al di fuori della sua calda tana.
Il freddo gelido dell'inverno è incredibile quando lo senti. Un rumore incessante che sembra poterti congelare all'istante. Così Purgo, impaurito e tutto tremante, decise di ritornare a letto. Anche perchè, diciamocela tutta, non aveva mica voglia di aprire con quel tempaccio... e poi diamine, i colpi erano cessati.
Il mattino seguente, incuriosito da quei colpi sentiti la notte precedente, osservò fuori dallo spioncino il paesaggio circostante.
Con orrore si accorse che tutto attorno stavano costruendo un enorme centro commerciale e lo avevano praticamente murato nella sua tana.
"Ironia della sorte" si disse "io che possiedo una ditta di costruzioni, che vengo intrappolato da un'altra ditta di costruzioni".
Siccome era pressochè tagliato fuori dal mondo, cercò in mille modi di mandare segnali all'esterno, ma senza successo. Decise così di usare l'unica arma che aveva: il telecomando.
Iniziò così a far crescere a dismisura lo share di trasmissioni improbabili come "voyager", "atlantide" e quel canale con tutte le televendite di quadri. Poi si mise a votare personaggi odiosi dei realtiy.
Ma non successe nulla, anzi. I proprietari di quei canali e elogiarono i produttori per aver reso possibile un balzo simile di ascolti e partecipazione.
Purgo stava per farsi prendere dal panico, quando si ricordò che in fin dei conti era una fottutissima marmotta e poteva uscire di lì quando voleva.. bastava scavare nella terra e uscire dovunque!
E visse felice e contento fino a quando una betoniera della sua ditta di costruzioni esplose ferendolo mortalmente.

Ah, queste storie. Sembrano quasi quei film o telefilm dove il protagonista potrebbe cavarsela come niente, basta usare un poco di cervello, non credete? Anche qui, scommetto che voi non ci avevate pensato piccoli microcefali in fasce!

sabato 11 agosto 2012

La vera storia del Ferragosto

Ovvero... la fine delle vacanze estive e il rientro nei cubicoli fottuti del lavoro.

Pochi di voi certamente sapranno il significato arcano della parola "Ferragosto" e ancor di meno saranno coloro che sapranno la storia che vi è dietro. E allora eccomi qui, a dissipare le nubi di ignoranza che offuscano la vostra mente e togliere le ragnatele, con ragni annessi, (pochi che se no qualcuna di mia conoscenza si orrìpila, con tanto di svenimento) nel vostro cervellino. 
Il ferragosto è una festività nata il giorno dell'assunzione di Maria.
Gli antichi popoli, decisero di dedicare un'intera giornata di festa all'assunzione di tal Maria Vergine all'interno delle Ferrovie Statali Palestinesi. Ella era una ragazza madre che non trovava lavoro da nessuna parte. Nemmeno come cassiera al Conad, quand'ecco che grazie ad un concorso palesemente truccato da tale Gabriele Angelo (forse suo amante, vedasi la storia di Gesù poco più sotto) ottenne un lavoro come "statale", quindi pagata bene e con ricchi benefit a spese della collettività.
Parenti e amici tutti, che avevano a cuore le sorti di questa giovine ragazzetta, decisero di fare baccanali per l'intero giorno 15 di agosto inaugurando il giorno della "ferroviera d'agosto", poi col tempo divenuto solo "ferragosto"per comodità.
Poi com'è, come non è, giusto per avere una festa in più e una scusa per non lavorare, quei burloni degli italiani sottoforma di "antichi romani", hanno deciso di importarla nella cultura italica e renderla festa di "non lavoro" quindi tutti al mare a mostrar le chiappe chiare.
In quei giorni, l'impero celebrava le ferie con corse di bestie che venivano agghindate di tutto punto. Cavalli, capre, montoni.. c'erano gare un po' per tutti i gusti.
Gare che persistono tuttoggi sotto-forma di "Palium cavallorum" (Il famoso Palio dell'assunta) a Siena. 
Vi sono però diversi modi di festeggiare il ferragosto in Italia. E come spesso accade dinnanzi alle stronzate, l'italica terra si divide in tre parti.
Al Sud si sta in bikini tutto il giorno, perchè fa caldo. Ci si ravana e si prepara il dolce tipico di ferragosto chiamato "gelu di muluna".
Al Centro ci si riunisce in famiglia, si osserva il Palio e si mangia il piccione arrosto, prelibatezza locale.
Al Nord orde di milanesi inferociti si riversano sulle strade rompendo i coglioni un po' a tutti, clacsonando anche cristiddio per recarsi in luoghi di villeggiatura: laghi, monti e mari. Spesso solo per poche ore, giusto per assaporare il gusto di uscire da quella fogna di "città metropolitana".

"A ferragosto si mangiano i piccioni arrosto"
(detto popolare)

mercoledì 8 agosto 2012

Un diavolo per capello

Il mondo pilifero è sempre stato spesso e volentieri discriminato dai più. Vuoi per mancanza di interesse, vuoi per un odio indiscriminato, tant’è che se ne parla veramente poco.
La storia che vado raccontandovi vuole, in parte, rendere giustizia a queste simpatiche cose che altro non sono che lunghi peli che vivono sulle nostre teste e che ci tengono impegnati molto spesso la mattina tra gel, phon e shampi vari, poiché la loro indole ribelle non vuol saperne di mettersi in riga. Ecco quindi la storia di quattro simpatici amici, parrucche di vero capello che attendono un futuro più roseo sul cranio di un essere umano.

C’era una volta, un gruppo di amici un po’ particolare: vi era Ciuffetto il capello più riservato, Frangetta che era la più ribelle, Rastazzo che si dilettava nel fumare oppiacei e Spazzolino, il più piccolino tra i quattro.
Un giorno, Frangetta entrò tutta trafelata nella casetta ove i quattro dimoravano in attesa di essere trapiantati su di un cranio. “Ho un terribile dilemma, ho un terribile dilemma!” urlò, facendo sobbalzare i tre. “Che diamine succede Frangetta?” chiesero i tre in coro.
“Non so quale look adottare, non riesco a star dritta e ben pettinata, nulla riesce a pormi nella giusta direzione!” disse lacrimosa e tutta tremante.
Gli altri tre, non sapendo che pesci pigliare sia perché maschi sia perché non erano pescatori, decisero di rimanere in silenzio e fare una faccetta triste per darle il contentino.
Il dramma di Frangetta era sicuramente fondato poiché tra i quattro vi era una competizione serrata anche a base di scommesse clandestine e malaffare su chi potesse venir scelto per il trapianto. Quindi ogni giorno si preparavano per restare belli, pronti al grande evento. L’unico che proprio se ne fregava era Rastazzo che passava le giornate a fumare e a non lavarsi, pertanto era emarginato dal gruppo in quanto tendeva ad ungersi con molta facilità e quindi, diciamocela tutta, veniva giustamente sottovalutato da tutti.
Un pomeriggio di un dì uggioso, Ciuffetto e Spazzolino stavano dilettandosi nell’antico gioco del bulbis coltivantur, ossia coltivare i bulbi piliferi delle loro parrucche per renderli più vigorosi, tutto nel nome della competizione più bieca, quand’ecco entrare in scena Rastazzo tutto scombussolato in preda ad un trip allucinante. 
Ciuffetto e Spazzolino non se lo fecero ripetere due volte ed ecco che afferrarono il malconcio parrucco e lo portarono da Antonio, parrucchiere gay dell’alta Bresciana che appena lo vide sbottò su quanto fosse demodè ed orribile quel modo di tenere i capelli. E decise quindi di lavarglieli. 
Una volta a contatto con l'acqua, i rasta presero a divenire capelli normali e... con un orribile nuovo look a "scodella" Rastazzo impazzì (anche a causa delle droghe) e venne rinchiuso in un manicomio per capelli.
Nel frattempo Frangetta, che da giorni viveva incollata al suo specchio cercando la giusta direzione per pettinarsi, trovò la giusta inclinazione dopo mille tentativi.
Ma il dramma era lì, in agguato, poiché appena i due malfattori Ciuffetto e Spazzolino entrarono in casa, sbatterono forte la porta e il refolo d’aria che ne scaturì scompose immondamente la chioma della povera Frangetta che si mise ad urlare agitando, non le mani poiché non le aveva, ma i vari capellini laterali. A quel punto non ci vide più e armata di forbice iniziò a sfoltire fino alla radice i due che, a questo punto, erano fuori competizione.
Frangetta aveva così vinto la sfida tra i tre, ma a che prezzo! La sua chioma spettinata non poteva essere scelta da chi di dovere! "Allora a mali estremi, estremi rimedi" disse. E si pettinò da capo e mise chili di palta gellata (un nuovo ritrovato della tecnica) sul suo cuoio capelluto, mantenendo così i capelli fissi e nella giusta posizione. "si! finalmente" urlò di gioia.
Il giorno della scelta, Frangetta venne ovviamente scelta, essendo i due Ciuffetto e Spazzolino ormai quasi rasati e il simpatico Rastazzo ancora urlante per lo shock.
Ma un'amara sorpresa si abbattè sulla povera Frangetta pochi minuti dopo la premiazione. Non doveva essere trapiantata su di un cranio umano, ma sulla testolina di un border collie che soffriva di alopecia.
Le sue lacrime iniziarono a sgorgare ininterrotte dal cuoio capelluto e non ebbe nemmeno la forza di ribellarsi al fato crudele.

N.d.A. ringrazio Antonio, il parrucchiere gay, per la corretta terminologia e per i consigli di look. Grazie Antò. 

martedì 24 luglio 2012

La vera storia di Gesù

Cari lettori, questo potrebbe essere l'ultimo post di questo blog scalcinato. La tremenda vendetta papale potrebbe ricadere su di esso con furiosissimo sdegno, a suon di vergate.

Pochi sanno la vera storia di Gesù. Si vabè, direte voi o scettici amici, è arrivato colui che mai ha letto i vangeli. Errato, imbelli! Quello che è stato scritto nei vangeli è una versione soft di una vita sregolata che ora andrò a dicantare.
Betlemme, anno 0.
In una stalla ove l'odore di feci di bue era forte, una donna di nome Maria stava partorendo. Beppe, che di mestiere faceva il falegname, era inorridito da tutto questo. E siccome la sua poca sapienza lo rendeva ignorante, vedeva di cattivo auspicio il far nascere un bimbo in una mangiatoia con un asino ed un bue, anche perché un tale Re Erode voleva uccidere il figliolo non si sa per quale oscura ragione. Solo per un sogno? Solo per una stella cadente? Mah...
Fatto sta che Maria, che di cognome faceva Vergine (si spiega ora l'arcano), espulse dalle sue grazie un bellissimo bambino.
Biondo.
Giuseppe, che era un palestinese purosangue, ma non era scemo, vide che qualcosa non quadrava col bimbo.
"Mi hai tradito!" iniziò ad urlare lui.
"Ma no.. è stato lo spirito santo! Non è che per forza dovevo trombare con te o con un altro!" replicò lei.
"Tutte fandonie! Mi hai tradito con quel tale, Gabriele, che apparì un giorno sulla tua porta e tu fosti eccitata dalla sua presenza!" .
Vabè, com'è, come non è... i due litigarono e arrivarono pure alle mani, tanto che i re magi (dei noti truffatori provenienti dall'africa del nord) dovettero separarli tirando loro addosso della mirra, ossia birra troppo maltata.
E niente, poi i due si separarono per forza di cose e Gesù crebbe con problemi. Fece il falegname per un po' di tempo per emulare il padre; poi, come spesso fanno i bimbi disagiati, scappò in vari templi facendo finta di fare il saccentone, ma Maria dovette venir a prenderlo ogni volta e riportarlo nel box, ove crebbe fino ai 20 anni.
Poi una volta libero andò in giro racimolando predicatori, pescatori, traditori e persino gente che raccoglieva tasse. Insomma, la gente giusta di Gerusalemme. Mise su una banda che estorceva pizzo in ogni città che visitavano e per non incorrere nelle loro ire gli abitanti stendevano sempre foglie di ulivo perché faceva figo.
Un giorno raccolse e mise un paio di occhiali ad un miope e venne additato come santo e come "portatore di miracoli". Poi, ci furono casi di allucinazione collettiva dovuta ad una strana moltiplicazione di vini e pesci e strane coincidenze per cui i morti resuscitarono pure dalle tombe.
Insomma, un gran casino. Che tale Pilato Ponzio dovette mettervi freno. Ma Gesù niente, rovesciò incazzoso i banchi del mercato di Gerusalemme e strinse rapporti d'amicizia con un ladrone di nome Barabba, ma ancor peggio, non pagò la cena nei pressi del famoso "orto degli Ulivi" che era un luogo di tendenza per i Gerusalemmesi doc. Allora il Ponzio non ci vide più e lo crocifisse per dispetto. Insomma, non si muore per due chiodi nelle mani, ma quello che la gente non sa è che Gesù era emofiliaco. E questo fu la sua fine.


giovedì 21 giugno 2012

Mariolino, tanto pane ma poco vino

Nel piccolo paese di Eustrocchio, ove vigeva da secoli il famoso detto "il paese è piccolo e la gente mormora", viveva un bimbo vecchio, molto grasso.
Ma come è possibile che un bimbo sia anche vecchio, mi chiederete voi o piccoli lettori analfabeti. E' possibile, punto. Vi è una malattia denominata bambinismo vecchiante che rende i bimbi vecchi di qualche mese più del normale. Cercate su wikipedia immediatamente prima di proseguire la lettura, per documentarvi meglio.



 Fatto? Cercate bene eh!




Non avete trovato nulla?




Ebbene, siete degli stolti.
E adesso proseguiamo il racconto.
Si diceva di questo bimbo, Mariolino, più vecchio degli altri suoi coetanei di qualche mese più del normale. Infatti lui, pur essendo nato a giugno, la malattia lo rendeva come uno nato a novembre. E siccome a Eustrocchio la gente mormorava, era additato da tutti come un diverso.
Ma questo temibile malanno non poteva essere nemmeno paragonato all'obesità che lo affliggeva. Era una palla di grasso ributtante e nei giorni caldi come quelli emanava un tanfo micidiale, tale che i genitori Astolfo e Luipippina decisero di spedirlo in colonia per far annacquare in mare i suoi sudori. Anche lì però era mal visto da tutti, non tanto per la sua stazza che comunque era mitigata dalla sua camminata ciondolante che riempiva i cuori di simpatia per quanto buffa, ma per il fatto di essere apparentemente più vecchio di qualche mese. E per questo veniva discriminato fortemente da tutti.
Un giorno, durante una camminata solitaria in una pineta vicina al mare, egli vide un bellissimo pappagallino appollaiato su un ramo. "Deve essere sfuggito a qualche d'uno" pensò. Avvicinò il grasso dito al ramo e il piccolo pappagallino ci salì sopra.
Da quel momento i due divennero inseparabili.
Nella colonia, siccome era allontanato da tutti, passava ore intere a fare lunghe conversazioni con il pappagallino, che dal canto suo ripeteva sempre la parola finale di ogni frase di Mariolino. Ma la cosa più buffa e forse anche spiacevole era che ad ogni parola ripetuta, il pappagallino emetteva una quantità esorbitante di feci.
Il duo divenne così ingestibile e il capo-colonia (o come diamine si chiama chi la gestisce) decise di espellere Mariolino e il suo pennuto amico.
Per i poveri genitori tutto ciò divenne una vera e propria sciagura, oltre a ritrovarsi con un figlio sgradito e sgradevole ora avevano anche un pappagallino che riempiva la casa di odor di merda, nonostante la gabbietta venisse pulita ogni ora.
Mariolino, patì molto questa situazione nei primi giorni di rientro a casa. Le scuole erano finite, gli altri bimbi erano al mare e lui sperava di passare delle belle giornate all'aperto con il pappagallino. I genitori gli proibirono di portarlo fuori di casa e solitamente i bimbi della sua età obbedivano prontamente ai diktat genitoriali, ma siccome i mesi in più dovuti al malanno si facevano sentire, Mariolino entrò nel periodo della ribellione e decise di - scusate il termine - infischiarsene fortemente. Portò così il suo pennutissimo amico tra le vie di Eustrocchio, pavoneggiandosi quasi a dire "io possiedo un pappagallino e voi no!" e se lo mise sulla spallona (essendo grasso era grossa quanto una spalla di manzo vera e propria) a mò di pirata.
Il fatto che la sua giovane età non gli aveva ancora permesso di studiare ed assimilare la storia del paese di Eustrocchio, gli fu fatale. Infatti era risaputo che il paese era piccolo ma la gente.... oh se mormorava!
Fiumi di guano ed escrementi ben presto ricoprirono qualsiasi cosa e Mariolino, con la sua famiglia furono banditi a vita dal paese e il pappagallino fu arso vivo in un rogo improvvisato nella piazza, ricoperta ovviamente di merda.
E tutto è bene quel che finisce bene.

n.d.a. Ho deciso di venire incontro, con questa storiella, a tante piccole mail scritte in malomodo da altrettanti piccoli lettori che mi hanno chiesto di unire in un unico racconto: la merda, bimbi grassi, vecchi e qualche animale. Insomma, le cose più divertenti che la vita ha da offrirci. Se la lettura vi ha turbato o ha arrecato qualche danno alla vostra psiche vi prego di prendervela con loro. 

mercoledì 20 giugno 2012

Sognate l'Australia?

Nessun racconto, nessun opossum, lemure, scimmia o mucca da salvare stavolta, ma una mini markettina per promuovere un blog appena nato che sta emettendo i primi vagiti (ma non ha ancora sporcato il pannolino, quindi vi assicuro che è bello, simpatico, interessante, profumato e chi più ne ha più ne metta).
Se volete aprire la vostra mente e sognare l'Australia... le spiagge, il sole... beh nella stagione giusta visto che adesso là è inverno (ok, è una lunga storia..) vi consiglio di leggerlo e metterlo tra i vostri preferiti! Poi vi assicuro che di animali divertenti ne troverete pure lì... koala (e basterebbero solo loro), canguri, cacatua...

http://cynz12.tumblr.com/

Keep rockin' folks!



domenica 10 giugno 2012

La mucca che si credeva un fagiano

C'era una volta, in una fattoria lontana lontana, una mucca che si credeva un fagiano.
"Ma come un fagiano???" mi chiederete voi, o imberbi lettori dallo sguardo inebetito. Si, avete sentito bene, si credeva un fagiano. Qualche problema?
Tutte le altre mucche la prendevano in giro, perché questa continuava a pascolare muovendo la testa avanti ed indietro e univa le zampe a mo' di ali.
"Sei proprio una sciocca, mucca!" dicevano alcune. "Hai evidentemente dei problemi mentali, sei afflitta da pazzia" dicevano altre.
Ma ella se ne (scusate il termine) infischiava altamente. Continuava a pascolare e ruminare del buon miglio, anziché il suo solito foraggio. Un bel giorno, come spesso avviene nelle fiabe, la mucca incontrò un montone. Il quale, curioso come solo i montoni riescono ad esserlo, iniziò una lunga trafila di domande, alle quali la mucca rispose solo a muggiti intervallati da fagianìti (insomma, il verso del fagiano).
Il montone, che stupido non era in quanto montone, capì che questa mucca aveva dei problemi. E decise di darle una mano. "Ma vedi, cara mucca. Che puoi risolvere tutti i tuoi problemi! Basta parlarne. Sii più aperta!" le disse.
"Voglio volare!" urlò la mucca, finalmente con un verso comprensibile.
"Ah! Ma che stolta che sei! I fagiani mica volano! Tuttalpiù compiono un balzello irregolare o un saltellino bislungato, ma non volano di certo!" disse con un sorriso il saggio ovino.
"Questo lo dici tu! E domani ti farò vedere! Fatevi trovare tutti alla rupe scoscesa posta sopra alla scogliera!" disse la mucca con un grosso sorriso.
Il giorno dopo, tutti si ritrovarono presso la rupe scoscesa. Il montone si avvicinò alla mucca e le disse "ti prego, ragiona, non farlo! Non puoi volare! Non sei un fagiano!"
"Hai ragione o saggio montone, non sono un fagiano. Esso non può volare, l'ho osservato ier sera!" disse la mucca.
"Fiuuu, meno male... hai ragionato" disse rincuorato il montone.
"Io sono una poiana!!!" urlò la mucca saltando improvvisamente nel vuoto, agitando le zampe e schiantandosi fragorosamente sugli scogli sottostanti.
Le mucche colleghe e gli altri animali della fattoria, dopo un urlo di stupore e di raccapriccio, tornarono alla vita di tutti i giorni. Mentre il montone, con una lacrimuccia che lentamente scendeva dal suo grugno da montone, capiva una volta di più che i suoi consigli erano utili solo per animali assennati.

Questa storia è dedicata a tutte le mucche affette da BSE. Il morbo della mucca pazza è un malanno terribile, che richiede cure costanti e i soldi per la ricerca scarseggiano. Donate l'8 per mille a tutte quelle fondazioni che cercano una cura per questo temibile bacillo bovino. Aiutate anche voi una mucca. Ella ve ne sarà riconoscente.

giovedì 7 giugno 2012

L’uccellin ammaliatore


C’era una volta, in un bosco che tanto fatato non era poiché era un bosco sito in una valle teutonica, un uccellin dalla bellezza assai rara.
Egli avea un corpicino affusolato, le alette ben formate e una folta chioma, composta quasi esclusivamente da penne lunghe e sottili (il resto era guano impiastricciato su di esse a mo’ di gel), della quale andava molto fiero.
Era una di quelle cose che lo rendevano affascinante agli occhi delle giovani uccelline tedesche. Cardelline, usignole, a volte anche piccioni femminielli (ossia quelli che sebbene aitanti maschi desideravano altri aitanti maschi per far dell’amore pennuto).
Insomma, era un gran casanova.
Ogni mattina egli usciva dal suo nido dopo aver passato un’ora buona in bagno ad impiastricciarsi il ciuffetto di penne con del buon guano fresco.
Un giorno, egli vagava per un’aia di un fattore con fare ciondolante e pigro ed incontrò una simpatica tacchina che con quel difetto di pronunzia tipico di tutti i tacchini, condiva ogni frase con un “glooo gloooo” . L'uccellin più volte cercò di impressionarla mostrando, anzi, sfoggiando la sua meravigliosa chioma. Ma quella niente. 
Provò anche a fare il cascamorto usando tutte le tecniche a lui conosciute fino a quel giorno. Ma nient’ancora.
Allora, spazientito, le rivolse una domanda: “Scusami tacchina, ma perché non cedi alle mie lusinghe? Non sei affascinata da me? Non mi vuoi pennutamente tuo?”
“Guarda” disse lei con un largo sorriso. “non sono interessata, glooo, dico sul serio. glooo.”.
Ma l’uccellin non mollò il colpo e divenne asfissiante, chiedendole ancora il perché.
“non son interessata ad uscire con un volatile con della merda spalmata sulla testa. gloooo.”. Disse infine lei con disprezzo neanche tanto velato.
L’uccellin ci rimase male, ma così male che decise di entrare nella prima bettola ad ubriacarsi. Inizialmente per dimenticare l'onta appena subita, poi per darsi coraggio. Prese a strapparsi con rabbia il folto piumaggio impomatato col suo sterco (comunemente e volgarmente chiamato guano), uno ad uno e si mise a piangere con disperazione, abbandonando quell’aura di bello e impossibile che da anni lo seguiva.
Fu così che da allora, si osserva un curioso e solitario uccello con la crapa pelata che vaga con sguardo vacuo per le aie a cercare una tacchina bellissima, ma che sembra essersi volatilizzata nel nulla.
Lo stolto uccellin non sa però che il giorno dopo l'infausto incontro tra i due, un furgoncino della ditta AIA passò per l'aia e prese diversi tacchini (tra cui l'amata) per trasformarli in deliziose panatine.

Ma poi santiddio voglio dire, se una fiaba inizia con “c’era una volta…” vuol dire che è successa tanto tempo fa. Quindi a quest’ora (siccome la vita dei pennuti è breve) saranno sicuramente già defunti i protagonisti. Quindi non sprecate lacrime preziose, o stolti ma fedeli lettori.

mercoledì 11 aprile 2012

Batbradipo

Rieccomi qui, dopo una sfilza interminabile di giorni dedicati al silenzio e alla meditazione. Lo so, vi son mancato o miei piccoli fedeli, ma nel contempo zozzi lettori. E se non vi son mancato, beh.. il mio dito medio dice tutto.
Pronti ad una nuova mirabolante fiabetta della buonanotte? Si ok, la sto scrivendo di giorno, ma suvvia.. non siate poi così pignoli.

C'era una volta, nella foresta temperata australiana, un piccolo bradipo orfano. 
La sua vita trascorreva lentamente, con gesti che tipo per prendere un caffè ci metteva una quindicina di minuti e quando lo beveva era già bello che freddo. 
O che per andare a lavorare (si, il lavoro minorile nel mondo dei bradipi è un fenomeno in grande crescita) doveva mettere la sveglietta alle 4 per essere in ufficio alle 9. Insomma, la lentezza scandiva la sua vita.
Come detto, egli era un orfanello, poiché perse i genitori in tenera età per colpa della malavita. 
Sapete come succedono queste cose, una famiglia allegra va al cinema e poi bam! arriva il primo scimpanzè-rapinatore di turno e fa secchi i genitori. Da quel giorno la sua irrequietezza crebbe a dismisura e giurò di farla pagare a tutti i malavitosi.
Un giorno, in ufficio, tra una fattura e l'altra, ebbe l'illuminazione. Doveva divenire un supereroe. Si ok, era un cucciolo di bradipo ed essere un supereroe era un sogno comune a molti altri, ma era anche l'unico modo per vendicarsi dei genitori e per cercare di portare sicurezza nel mondo dei bravi bradipi.
Ci impiegò un annetto a cercare il giusto animale da porre accanto al suo nome, così perché tra i supereroi faceva figo. Doveva agire di notte e quindi decise di scegliere l'animale notturno per eccellenza. Il pipistrello. 
Iniziò a preparare, ovviamente con grande lentezza, una mantellina dove avvilupparsi e una mascherina per celare la sua identità. Preparò anche la sua tana sotterranea in modo tale da avere una base logistica dove spostarsi. Insomma, voleva essere una sorta di Bat-bradipo. Il nome non era un granché, lo sapeva benissimo, però rappresentava al massimo quello che voleva essere. Un bradipo pipistrello, che agisce nell'oscurità.
Una notte buia e tempestosa, decise di mettersi all'opera. Quindi, si mise il costumino e dopo un due orette scarse uscì di casa (eh si tra una cosa e l'altra..). La foresta era un pullulare di vita quella notte, sebbene la forte pioggia cadesse incessantemente ormai da ore. C'erano le solite manguste-battone che erano pronte a procacciarsi clienti e poco più avanti, lungo il fiumiciattolo, iniziava ad intravedere della criminalità.
Si diresse, arrampicandosi di albero in albero, verso un banchetto ove pareva ci fosse una bisca clandestina. L'idea era quella di cadere dall'alto e sbaragliare tutto e tutti a suon di zampate artigliate. Ma come spesso succede, tra il dire e il fare, c'è di mezzo (in questo caso) la lentezza. 
Con un urlo sovrumano (meglio dire sovrabradipo) si lasciò cadere lentamente da un albero e come al rallentatore, iniziò a muovere le zampe per combattere, ma i criminali, veloci più di lui, lo fracassarono di botte.
Dopo essersi risvegliato in una pozza d'acqua, pieno di lividi e con il costumino stropicciato, il buon bat-bradipo decise di non darsi per vinto e riprese la ronda notturna, a caccia di qualche criminale. 
Dopo aver camminato lentamente (adesso ancor di più a causa dei lividi) lungo tutto il boulevard forestale, ecco apparire dinnanzi ai suoi occhietti cisposi un losco figuro ammantato di nero.
Era lui.
Lo scimpanzè manigoldo! L'assassino dei suoi genitori!
Si nascose dietro un albero e tirò un lungo respiro.
Era lì. Poteva farla finita finalmente, dopo anni di pene. Egli non era cambiato per niente, il cappotto nero e la lunga coda scimmiesca. Il brutto grugno da scimpanzé che la sapeva lunga in fatto di criminalità.
Il bat-bradipo si mise a pensare al da farsi... poteva attaccarlo frontalmente, oppure dall'alto... oppure... ma non fece in tempo a terminare il pensiero che Lui era lì, davanti a lui. Era stato scoperto. Dannata lentezza!
Lo scimpanzè-manigoldo lo sollevò da terra con una furia cieca e lo scaraventò in aria. Il povero bradipo si mise a muovere le braccia in cerca di un appiglio, quand'ecco che la fortuna venne in suo soccorso. Riuscì ad attaccarsi ad un ramo di un alto albero lì presente e si avvinghiò usando tutta la sua forza. Ma il suo peso era eccessivo e questo ramo si spezzò facendo capitombolare il bradipo proprio in testa allo scimpanzé che, tramortito, cadde a terra svenuto.
Il bat-bradipo era riuscito con molta fortuna a sconfiggere il suo nemico giurato! Iniziò a togliersi la polvere di dosso e a pavoneggiarsi anche un po', del tipo mettersi in pose da supereroe, ma ci mise davvero un'eternità... e fu troppo tardi quando sentì sogghignare lo scimpanzé sotto i suoi piedi...






giovedì 15 marzo 2012

Donne di fede, ma poca grazia

Prussia, secolo scorso ma forse anche qualcosina in più.
Avevamo lasciato il nostro Waccher a soddisfar la giovine Lucilla sul tavolo della cucina, tra cavoli, verze e tuberi. L'amplesso di regal durata venne però interrotto da dei possenti nitriti provenienti da Donato, il cavallo parlante dell'allevatrice.
I due sudati amanti, ignudi come vermi, si affacciarono intimoriti alla finestra della topaia che li ospitava rimanendo altresì sconvolti nel vedere nientepopodimenoche l'Arcivescovo di tutte le Prussie incedere a passo svelto verso di loro.
"Uscite, dannati!" urlò a gran voce. "Le mie suore! Avete vilmente derubato e deturpato le mie unte dal Signore! Dovrete essere puniti per questo!"
Augustus e Lucilla, rivestitisi, uscirono ad affrontar il prelato, rosso in volto.
"Ma vede, signor vescovo..." cercò di proferir il Waccher.
"ARCI vescovo semmai! Taci vile essere! Sprofonderai nella bocca di Ade!" urlò l'iracondo arcivescovo, ormai violaceo.
"Senta, ma l'Ade non è nella mitologia greca?" pignolò Augustus.
L'arcivescovo, prese dello sterco di capra che era in terra e lo lanciò addosso al Waccher, così, per rimarcare la di lui condizione di stolto.
Nel frattempo, la povera Lucilla, che aveva dato per certo la storia del Waccher su come aveva fatto a racimolar i soldi dal contadino lo affrontò a muso duro. "Augustus, mi hai mentito! Hai davvero derubato delle suore, che portano pure infauste conseguenze?" gli chiese.
"Mia adorata, ecco... beh... si... in verità ti dico che è accaduto ciò." confessò il giovane.
Una sonora sberla lasciò le impronte delle 5 dita sul volto del Waccher, che come al primo incontro, svenne dal dolore.
Lucilla, intimorita dall'arcivescovo e dalla temibile maledizione delle suore, lanciò il sacchetto con i dinari per terra e si chiuse in casa.
L'arcivescovo, non prima di aver emesso uno sputacchio di disprezzo sul corpo esanime del Waccher, prese i soldi e se ne andò via, sempre a passo svelto fischiettando una litania religiosa.
Dopo essersi ripreso, Augustus, ormai sfinito da questa serie di nefasti avvenimenti si mise a sedere e rimuginò a lungo sul da farsi. Intanto, accanto a lui, il buon Donato che aveva assistito a tutta la scena si mise a sbrofonchiare con le labbra e disse al giovane abbattuto "Beh, avresti dovuto immaginarlo che la vil menzogna non poteva che portar guai. La mia padroncina è iraconda e non ti conviene affatto riprovar a conquistarla."
"Hai ragione sommo equino. Devo andarmene ancora una volta a vagar per le terre." proferì il Waccher mestamente. "Addio". E così dicendo, si incamminò verso il centro città. Di nuovo solo e di nuovo senza una meta.
Fermatosi ad abbeverarsi presso una fontana, scorse con la coda dell'occhio le suore che aveva derubato, mentre si cibavano ad una locanda.
"Corbezzoli, le suore! E' giunto il momento di far pagare loro questa invereconda situazione!" disse mosso dall'ira.
Si avvicinò al trio di pie donne, mentre queste si alzarono dal tavolo e le seguì.
Il percorso fu breve, poiché esse si fermarono all'interno della chiesetta della piazza.
Entrò furtivamente a passo felpato e si nascose dietro ad una panca.
Come ad un segnale convenuto, le tre suore si misero a recitar il rosario, che a quei tempi durava qualcosa come 10 ore e mezza. Il Waccher decise di non indugiare oltre, si alzò e urlò: "Voi, donne di fede! Voltatevi!". Le tre si girarono di scatto, con dipinto sul loro volto lo stupore.
Il Waccher ora poteva affrontarle, ma un dubbio iniziò a corrodergli il sorriso mefistofelico che aveva dipinto in volto. Con cosa poteva affrontarle? La loro forza è risaputa. E non vi è più il buon Donato sul quale fare affidamento.
Quindi, decise di sfoderare l'unica arma che aveva. Il suo possente membro, che tanti dolori sentimentali gli aveva procurato, proprio per le dimensioni. E così, afferrandolo come una scimitarra, si mise a menar fendenti per l'aere quasi a voler spaventare le suore, che però, osservando la scena iniziarono a sghignazzare.
"Finalmente, dopo anni e anni di litanie, iddio ci ha benedetti con la nostra richiesta! Un uomo ben assortito!" dissero in coro.
Il Waccher capì con orrore a cosa era andato incontro e cercò una via di fuga, ma inutilmente. Una suora lo ghermì e lo sbattè interra in malo modo, mentre le altre due iniziarono a far nefande cose sul suo corpo.
Il Waccher decise di chiudere gli occhi poiché prima o poi quel martirio sarebbe finito, le tre suore erano alla vista particolarmente orripilanti poiché come ordinò il kaiser parecchi anni prima, ogni donna di bruttura inaudita doveva farsi suora, quindi possiamo solo immaginare le tristi visioni (e non solo) cui il Waccher dovette assistere.

 ... continua ...

mercoledì 14 marzo 2012

Storia di una talpa

Rieccomi qui, con una nuova mirabolante storia, adatta anche ai più piccoli tra voi, o fedelissimi lettori.
Mi sono arrivate molte letterine (spesso impiastricciate di cibo, nutella e cibi da merenda. Diamine, contenetevi!) chiedendo a gran voce il ritorno delle liete novelle con animali protagonisti. E io, come noto, non riesco a rimanere indifferente dinnanzi alle richieste di quelle piccole teste di cxx che mi scrivono.


C'era una volta, in un campo semi-arato del bellunese, una talpa con seri problemi visivi.
Infatti, come tutte le altre appartenenti della sua specie, era affetta da ciecità.
Certo, non veniva etichettata come gli umani con l'ipocrita definizione di "non vedente" o "diversamente vedente" o "diversamente avente diottrie". No, tra gli animali vige ancora la legge della brutalità spiccia verbale, quindi dirò che era proprio cieca.
Ella viveva in una tana scavata nella terra con le sue zampette artigliate. Era una tana recente, scavata da pochi anni usando esclusivamente l'olfatto e il tatto. Non vi dico che difficoltà nel farla, ma tantè che ormai era fatta ed era pure spaziosa. Ma essendo cieca, era difficile aver gusto e stile nelle cose e quindi si ritrovava con un monolocale interrato arredato alla (scusate il termine) cazzo. Pareti pitturate di giallo e grigio mischiate insieme, mobili ikea montati in modo strano e ancor peggio, con dei moderni water a risucchio che però, non vedendoci, ha collegato in malo modo le tubature, perciò ogni qual volta urinava o defecava si riempiva la casa di merda.
Aveva anche i suoi appuntamenti galanti che il più delle volte però si trasformavano in orripilanti scopate con altri animali. Lei, povera, non riusciva a distinguere subito se fosse o meno un talpo, così finiva per cadere nella trappola di astuti predatori sessuali. Si era fatta, inconsapevolmente, tacchini, opossum, rane, bisonti e saltuariamente anche esseri umani particolarmente pervertiti, tutti costoro si erano spacciati per aitanti talpi. L'inghippo nel quale cadeva sempre era il cosiddetto "trappolone della porta", ossia quando doveva aprire la porta della sua tana, chinandosi, lasciava libero spazio a chiunque volesse approfittare del di lei deretano.
Insomma, la sua vita finora non era un granché, così decise di abbandonare baracca e burattini (era infatti anche una grande collezionista di burattini di legno cingalesi) e partire alla ricerca di fortuna.
Il suo viaggio durò un'eternità siccome per fare 100 metri prese testate a destra e a manca, centrando ogni albero del circondario. La sua fortuna però arrivò mentre era intontita e stesa a terra dopo aver sbattuto contro un enorme faggio. Le sue acute orecchie da talpa udirono un vocio di umani e ben presto capì dov'era finita.
Accanto al campo semi-arato vi era infatti la sede della Rai. Lì, con il suo cavallo di bronzo, vi era la più grande rete televisiva in italica terra. E accanto a quella umana, in un terreno poco distante, vi era la rai delle talpe. Praticamente non serviva a nulla perché i programmi erano esclusivamente radiofonici e solo poche talpe potevano permettersi una moderna radio ad onde corte e anche un po' più lunghette, però era un lavoro molto ambito perché venivano richieste quasi quotidianamente nuove voci suadenti da mandare in onda ed allietare le ore delle talpe abbienti.
Entrò di gran lena all'interno degli uffici per il casting. Vi erano almeno altre 50 talpe dalla voce molto aggraziata. A lei era stato sempre detto di avere una bella voce, ma quei complimenti venivano da altri animali che non erano talpi e quindi non potevano sapere se era bella o brutta e non facevano testo.
Insomma, dopo aver fatto un po' di coda, ecco arrivare il suo turno. Venne registrata e fatta riascoltare e fu un successo.
Ottenne il posto vacante tra le 2.00 e le 4.00 del mattino subito dopo un porno acustico molto in voga tra i vecchi laidi talpi.
Insomma, tutto sembrava presagire ad un trionfo e ad una nuova vita. Ma oscure nubi si avvicinavano all'orizzonte.
Infatti, dopo qualche mese di lavoro iniziò a riceve insistenti lettere di avance da parte di un ammiratore. Egli continuò imperterrito a stalkerare, facendole trovare addirittura della cicorietta fresca sotto casa (della quale lei andava ghiotta).
Ben presto, seppur intimorita, la talpa rimase colpita da questo impeto d'amore che smuoveva il talpo stalker e decise un giorno di cedere alle sue avance e lo invitò a cena a casa sua.
Sebbene fosse corpulento e un po' rozzo nei modi, a lei non dispiaceva. Tutto sembrava andare a gonfie vele fino a quando il talpo chiese di andare alla toilette. E successe l'irreparabile.
Litri di merda fuoriuscirono dalle tubature e la porta d'ingresso si ruppe (dannata ikea e dannata talpa che essendo cieca non poté montarla secondo le istruzioni).
Le due talpe intrappolate, cercarono di picchiare sulla porta, in preda alla paura più cieca (giustappunto).
In quel momento, il burbero contadino padrone del campo si avvicinò alla tana e imprecando disse "ma cos'è questa puzza di merda? Cos'è sta roba qua??" e sfondò la porticina della tana a colpi di mano aperta (da buon villico). Le due talpe fuoriuscirono seguite dalla litrata nauseabonda che ricoprì dalla testa ai piedi il contadino che armato di vanga iniziò a rincorrere le talpe per il campo, tramortendole a badilate.
Egli scelse la talpa per portarla alla figlioletta, mentre gettò il telpo in autostrada, facendogli fare una fine alquanto brutta. La figlia di costui era enormemente brutta e la talpa le serviva come animaletto domestico per tenerle compagnia, siccome non aveva amici e non potevano permettersi il cane e visto che la sua cameretta aveva un pavimento in terra... beh era perfetta come animaletto da compagnia.
La talpa quindi, trovò un rifugio sicuro nella casa del contadino, continuò il lavoro notturno alla radio e... beh.. purtroppo gli appuntamenti galanti continuarono ad andar male fino a quando la talpina si innamorò di un animale peloso e muto, che ascoltava sempre le sue storie e la teneva al caldo quando serviva: il peluche a forma di chiwawa della figlia del contadino.

La morale della fiaba è, cari bimbi, che l'amore è cieco, ma se siete delle talpe santiddio evitate di costruir da voi le case e soprattutto le tubature dei cessi.

mercoledì 29 febbraio 2012

Tra cavoli e patate l'amor avanza lieto

Rieccoci qui, a continuar la storia di quel buontempone del Waccher. 
Dove eravamo rimasti? 
Ah si, giusto miei attenti lettori, avevamo lasciato il giovine Waccher assopito dopo aver seguito il saggio consiglio di un cavallo parlante di nome Donato...

E fu così che il Waccher, dopo un sonno lungo e senza particolari avventure oniriche, si ritrovò catapultato in un'altra giornata.
Si svegliò con l'amaro in bocca, che non è una metafora, ma proprio una cosa oggettiva poiché aveva ancora il sentore di barbabietole bollite, cucinategli con affetto dalla bella Lucilla la sera precedente.
Ella, come un piano concordato dal fato, fece capolino nella stalla ove alloggiava il giovine Augustus e gli propose una ricca colazione per affrontare al meglio la giornata. "Potrei aver qualcosa da farti fare. Se vuoi un lavoro, ovviamente". Propose lei con uno sguardo furbino.
"Certo che si, madamigella Lucilla" rispose di rimando lui, con uno sguardo non certo furbo.
"Adesso tieni, succia da questo seno di mucca il latte per la tua colazione e là in fondo puoi trovare del frumento per darti le energie sufficienti. " disse lei.
Il Waccher, dapprima un po' riluttante, prese a mungere e succhiare avidamente il latte da una mucca posta nell'aia (si perché nel recinto vi erano oche e polli, essendo Lucilla poco avvezza all'arte della pastorizia). E dopo aver sgranocchiato del buon frumento si avvicinò al buffo caval Donato, conosciuto la sera precedente.
"Eccoti o stolto umano!" disse Donato. "Hai visto che la mia padroncina non è in collera, ma anzi... è ben disposta nei tuoi confronti?"
"Si, beh avevi ragione cavallo. Ti ringrazio, ma io vorrei amarla e vorrei anche che lei mi amasse di rimando!"disse il Waccher un po' spazientito. "Ho sempre cercato una donna con la quale instaurare una relazione non basata solo sul mio grosso fardello posto nelle braghe umide di questa palandrana sconcia."
"Non ti preoccupare, dai tempo al tempo!" disse Donato.
E così, dopo essersi placato grazie alla saggezza del cavallo, Augustus ottenne un lavoro come missionario (ossia colui che svolgeva missioni per conto di Lucilla) ed ebbe come compagno d'avventura proprio Donato, il cavallo senziente.
Quel giorno stesso, Augustus venne inviato da Lucilla a riscuoter dei dinari da un povero contadino che era in ritardo nel depositar l'affitto delle sue terre, possedute dalla giovinetta (ovvero ereditate).
In groppa al suo fido destriero percorse in lungo e in largo la Prussia alla ricerca di questo possedimento e Donato, spazientito dall'inettitudine del Waccher iniziò a nitrire forte e rivolgergli strani epiteti anche blasfemi.
Dopo qualche ora di viaggio però, ecco spuntare la piccola fattoria con annessi campi coltivati e pure coltivabili. Da una porticina di una casupola fatta di pietra e concime fece capolino la testa di un vegliardo.
"Orsù vegliardo, consegni i molti dinari che deve alla mia diletta Lucilla e facciamola finita con codeste tiritere e dilungazioni nei pagamenti"disse in tono autoritario il Waccher, sfoggiando anche il suo linguaggio forbito, tipico dei nobili divenuti pezzenti.
"Ecco vede... io ho raccolto poco, sa, la crisi agro-alimentare si fa sentir forte!" disse flebilmente il vecchino. "Vi prego, datemi del tempo, ma vi ripagherò ve lo prometto sulla testolina dei miei nove figli affamati".
"Eh bravo, ci credo che non avete soldi se dissipate il tutto per nutrire quel reggimento di figli! Ma non sapete che esiste il "laccio-evita-figli"? (Era un marchingegno dell'epoca, diciamo un primissimo ritrovato per evitare la fecondazione che si usava attorcigliandolo attorno al pene e... vabè, penso sia chiaro).
"Ma io amo mia moglie sire... non posso evitare il concepimento che è frutto di amore." disse dolcemente il vecchino con un filo di voce.
Ma nonostante la dolcezza di quel fragile vegliardo, il Waccher decise di incutere timore per poter avere più rispetto e diede un calcione ad una giara contenente dei semi.
"No! Le sementi, no!" urlò il vecchio. "porca di quella scrofa, le sementi! Che avete fatto? Disgraziati! Ora subirete la mia collera!" disse con un'impensabile furia il vecchio che prese un forcone e infilzò il deretano del Waccher che, balzato su Donato scappò via a gambe levate.
"Che figura meschina, ohibò, scacciati in malomodo da un vecchino" disse Augustus mestamente "Ora come proferirò questa storia a Lucilla? Come farò ad ottenere i dinari che necessita?".
Ma la risposta si palesò d'innanzi sotto forma di suore camminatrici. Elle erano rinomate in Prussia per esser ricche e trasportar con se molti dinari durante i loro spostamenti nel regno. E fu così che, senza alcuna remora, il Waccher prese a randellate le suore, sottraendo loro i molti dinari e anche le vesti così per diletto. E scappò via, ignaro della temibile maledizione che è risaputo le suore portino con se.
Infatti, il Kaiser diramò un elenco di maledizioni e tra di esse vi era anche quella delle suore, che possono portar malefici inimmaginabili se viste, incrociate o toccate. Figuriamoci malmenate in malomodo!
Ma l'inebetito Augustus, ignaro di tutto, tornò alla topaia con annessa stalla della sua amata.
"Oh mio eroe! Hai i dinari che ci occorrono e anche di più!" disse con gioia e ammirazione la giovane Lucilla con un sorriso che fece ben presto perdere la testa al Waccher che si inginocchiò dinnanzi a lei.
"Ti prego o dolce Lucilla non ve la posso più! Accoppiamoci, copuliamo, effettuiamo l'amore!"disse con foga passionale il Waccher.
"Ma, ma..." rimase senza parola la fragile allevatrice. Ma colpita dal gesto e dallo sguardo supplicante del Waccher mise da parte la sua enorme timidezza e cedette. Si denudarono ed effettuarono l'accoppiamento in cucina, sul tavolo di lei. Tra cavoli sminuzzati e patate lesse. Il grosso fardello del Waccher fece il suo dovere, ovviamente attorcigliato sapientemente con un sano laccio-evita-figli.
La gioia negli occhi dei due giovini amanti, però, venne interrotto sul più bello da un forte nitrito che li fece sobbalzare. Era Donato che avvisava i due amanti dell'incombente pericolo.
Incedeva infatti a passo svelto l'Arcivescovo di tutte le Prussie, particolarmente adirato.

... continua ...

giovedì 23 febbraio 2012

Il ritorno del Waccher

Prussia, tanti anni fa. Non troppi, ma comunque tanti.

Il giovine Waccher visse così i mesi più terribili della sua esistenza. Era bramato e posseduto dall'allegro omino canuto che lo aprì alle giuoie dell'anale-sesso. Pensava volesse giocar a briscola, o tuttalpiù una partita a ramino, giuoco di carte molto in voga tra la plebe prussiana dell'epoca.
Ma la sua proverbiale inettitudine coprì i suoi occhi con spesse fette di salame. E non solo in senso metaforico! Infatti il vegliardo (che per inciso era un pervertito) si dilettava a cospargere il corpo del Waccher con diversi salumi. Il perché rimane un mistero, ma adesso non siamo certo qui ad indagare i misteri della psiche umana, suvvia.
Il Waccher un mattino di novembre, si svegliò nel suo giaciglio stanco di questa condizione. Lui voleva il gentil sesso! Non voleva questo! Si strappò di dosso l'allegra sottanina rosa perlata donatogli dal suo carceriere (gli donava si, ma era alquanto fuori luogo) e aprì la porta della casupola.
"Ah" disse "era così facile fuggire? Tutti questi mesi, pensando di essere in trappola... e la porta era aperta?" E richiuse la porticciola alle sue spalle.
Ma come dice il famoso detto "si chiude una porta, si spalanca un portone", ecco che dalla cattedrale posta di fronte alla casupola si spalancò il portone centrale e fuoriuscì nientepopodimenoche... l'Arcivescovo di tutte le Prussie. Egli si avvicinò al Waccher con aria di sfida ed occhi iniettati di sangue. Si, soffriva di congiuntivite acuta, ma codesta è una storia che nulla c'entra con codest'altra.
"Tu! Tu sei un reietto! Tu sei ignudo! Tu sei un miserrimo individuo abietto e ricco di malaffare!" gli urlò contro.
"Ma io... ecco in realtà...si è vero, ma..." cercò di proferir parole compiute il Waccher, ma senza esito.
E così com'era apparso, l'arcivescovo di tutte le Prussie sparì.
Si sa che un tempo gli alti prelati erano alquanto burberi e fuggitivi e anche questo, quindi, non era da meno.
Il Waccher però fece tesoro di quelle dure parole. Era ignudo, senza l'allegra sottoveste. Decise così di sottrarre le vesti ad un mendicante poco distante, tramortendolo inoltre con una sassata, poiché gli sembrava brutto derubare un pover'uomo sveglio.
Ora era rivestito. Ma rimaneva sempre senza una meta. E senza alcuna dignità.
Vagò per la città durante tutto il dì. Incontrò tante genti, ma nessuno con un lavoro per lui.
Si sentì frustrato. Ma al calar delle tenebre... una giovine ragazza si palesò d'innanzi. "Ma tu... tu sei quel ragazzo scurrile che mi ha abbordato tempo fa dinnanzi ad una chiesa! Ti colpii con un sonoro ceffone. Mi ricordo di te!" disse. Ma sì, certo! Era quella ragazza dai capelli color paglia e gli occhi azzurri che fece perdere il senno al giovine Waccher che perse anche i sensi dopo quel ceffone. "Ehm si, sono io giovinetta. Vogliate scusarmi per le inopportune parole proferitevi tempo orsono. Ma son cambiato, ve lo giuro. Il fatto è che dico parole senza senso alcuno, a volte sbagliando e facendomi fraintendere dalle persone. Specialmente quando son emozionato." disse Augustus.
"Dispiace anche a me per quel gesto, ci ho pensato per mesi e mesi e ho pregato il Fato per rincontrarvi e chiedere perdono. Ve ne prego, siate mio ospite, vi vedo affranto e vestito di cenci." disse la fanciulla con un bel sorriso.
Il giovine Waccher non se lo fece dire due volte e si recò nella dimora della giovinetta. Beh, più che dimora... era una stalla con sopra una piccola topaia.
Ella era un'allevatrice di bestie. Mucche, capre, pecore, cavalli, buoi, galli da combattimento, topi da corsa... insomma, allevava un po' di tutto.
La giovine si rivelò essere un'amabile compagnia per il Waccher. E dopo una frugale cena a base di barbabietola e cipolla Augustus ebbe il coraggio di chiederle il nome.
"Mi chiamo Lucilla." disse la giovinetta. Augustus scoprì inoltre che Lucilla era un'allevatrice da pochi anni. Dopo la morte dei suoi genitori si ritrovò da sola a dover affrontare il temibile mondo della pastorizia e dell'allevamento senza aver ricevuto un'adeguata istruzione. E infatti, il Waccher, recatosi nella stalla per allestir un giaciglio per la notte (la giovine Lucilla era molto timida e non acconsentì a farlo rimaner nella topaia) si rese conto del gran macello in quell'ambiente. Mucche poste nell'aia. Galline poste nei recinti. Capre messe a testa in giù e via discorrendo.
Si mise in un cantuccino, accanto ad un pagliaio pieno di aghi. "Sarà per paura di non trovar più un singolo ago? Così ne ha messi molti? Mah" pensò il Waccher. E si adagiò.
Iniziò a parlar tra se e se. "chissà se potrò instaurare un rapporto con codesta fanciulla senza mandare tutto all'aria come mio solito". E mentre parlottava. Ecco avvicinarsi un simpatico cavallo.
"Si, certo che potrai! Ella non faceva che parlar di te giovanotto".
Il Waccher si spaventò e si rizzò in piedi. Un cavallo parlante! Ohibò!!! Che stranezza!
Beh, in realtà non era così strano poiché il Kaiser in quegli anni si dilettava nel fare esperimenti genetici e diffondere nell'aere strane sostanze.
"Ma tu parli!!!" disse con stupore il Waccher.
"Certo e tu puzzi stolto umano! Dimmi qualcosa che non so! Tzè" disse con insolenza l'equino.
"Beh, in effetti... ma sai, si dice sempre così quando si è sorpresi. E poi beh, puzzo per colpa di questi cenci, ma son solito lavarmi! Comunque... come ti chiami o bestia senziente?"
"Mi chiamo Donato" disse il cavallo. " E ora ti convien dormire, perché domani devi chiedere a Lucilla di poter rimanere qui!".
"Ah" "e c'è bisogno di dormire eh?" chiese dubbioso il Waccher.
"Si stolto! Fai come ti dico".
E il Waccher, su consiglio del cavallo, si addormentò.

... continua ...

Chili d'amore non fan la differenza

Ed eccoci all'appuntamento delle allegre storielle con un pizzico di critica. Qui affronto dei problemi molto in voga tra i giovani d'oggi. L'obesità e l'amore. Quindi, rizzate le antennine e fate tesoro dei miei scritti. 

Era una notte buia e tempestosa nella pacifica cittadina di Marrotozzollo.
Giulio, un ragazzo minuto e palliduccio, se ne stava rintanato in casa, essendo uno studente universitario la sua vita era quella. Casa, studio, università, casa, studio, università... La sua vita sociale era ormai andata a ballino per non parlare di quella sentimental-sessuale.
Come ogni ventenne che si rispetti, i suoi ormoni erano a palla. Si eccitava spesso e volentieri, dapprima con semplici cataloghi di biancheria intima poi, grazie ad internet, riuscì a soddisfare ogni sua voglia perversa. Siti zozzi abbondavano in rete e anche la gioia del download riempiva le solitarie serate come quella.
Un bel giorno decise che no, quell'amore virtuale non era più sufficiente a colmare le sue voglie sempre più vogliose. Allora decise di iscriversi in un sito di appuntamenti. E meraviglia delle meraviglie, scoprì che migliaia di ragazze nella sua stessa condizione erano lì, pronte a soddisfare ogni sua voglia.
Allora si fece coraggio e iniziò a scrivere ad una, poi ad un'altra... insomma, divenne la sua nuova droga.
In particolare, si innamorò perdutamente di una ragazza apparentemente bellissima. Rossa di capelli, occhi verdi e dalle foto sembrava una figa da paura.
Dopo un po' di corteggiamento telematico, decise di farsi forza e chiederle un appuntamento. Ed ella con sua grande sorpresa accettò!
I due si incontrarono pochi giorni dopo in una bettola poco lontana dalla casa del buon Giulio che per l'occasione si cosparse del suo profumo più intenso (una litrata di eau de merd) e si infighettò come se andasse a fare la prima comunione. Dopo qualche minuto di attesa, seduto al tavolo, iniziò a sentir vibrare il terreno. Ed eccola apparire all'ingresso. Ma... non era la ragazza che si aspettava! Sì ok, aveva i capelli rossi, gli occhi verdi, ma... questa era un'orrida budellona ambulante, grassissima, enorme! Le foto erano di qualche tonnellata fa. Inoltre, era vestita (come spesso accade anche nella realtà) da abiti molto stretti dai quali fuoriusciva tutto. Insomma, non era un bellissimo spettacolo.
Giulio, che ormai era lì, tutto voglioso, decise che ok, andava bene lo stesso...ormai... e quindi dopo due convenevoli di presentazione si recarono a casa del giovane per fare del sesso spintarello.
Giulio impiegò un quarto d'ora buono per spogliarla, i vestiti di lei occuparono quasi tutta la stanza. Una volta nudi, i due si afflosciarono sul lettino di lui, che si ruppe appena lei mise il ginocchio su di esso.
Insomma, la cosa iniziava a partire col piede sbagliato.
Giulio, tremante, iniziò a baciarla. La bocca di lei inglobò quasi l'intera faccia di lui.
Lui iniziò a palparla, ma probabilmente non riuscì mai ad afferrare i seni poiché tutto in quel corpo poteva essere un seno, talmente i rotoli di grasso uscivano da quel corpicione.
Ad un certo punto, l'orrore.
Lei, presa dalla foga del momento, volle mettersi sopra.
Giulio iniziò a sentire lo spirito abbandonare il corpo.
La pressa umana lo stava schiacciando pian piano e decise di liberarsene usando un trucco sagace. Iniziò a scalciare forsennatamente quell'ammasso di budino pesantissimo e con un filo di voce disse "uh, guarda ho fatto una torta per te prima!". Come per magia, ella si tirò su di scatto con un verso che nulla aveva di umano.
Giulio scivolò da sotto il suo corpo e dopo aver constatato di aver un paio di costole rotte, scappò via.
Venne ritrovato un paio di giorni dopo, in stato di shock nel retro di una palestra, unico posto dove sapeva di non poter essere raggiunto dalla ragazza.
Non parlò mai di quello che successe realmente. Del perché si trovava lì. Tutto quello che gli inquirenti trovarono a casa sua furono un letto rotto e un frigorifero svuotato.


N.d.A: L'obesità è comunque un problema. Molti ne soffrono. Molti periscono. Molti periscono anche a causa degli obesi, che possono schiacciar i più deboli. Insomma, è un gran casino. Ma un rimedio ci sarebbe: mangiar di meno e più sano.

domenica 12 febbraio 2012

La porca puttana

ATTENZIONE: La seguente fiaba è altamente sconsigliata ad un pubblico di età inferiore ai 5 anni. 
Per gli altri, beh.. leggere questa o guardare un qualsiasi programma Mediaset è la stessa roba. 

C'era una volta, nel lontano paese di Eustachio, una maiala che esercitava il mestiere più antico del mondo. "La raccoglitrice di mele?" Chiederanno i miei piccoli e ingenui lettori.
No, la raccoglitrice di peni.
Era infatti una prostituta.
La vita nella fattoria era indiscutibilmente dura e per comprare i cibi per i piccoli porcelli necessitavano sempre più soldi. Quindi decise di esercitare del sesso in cambio di denaro. Alla fine, si sa che è un lavoro come un altro. Piacevole e costruttivo.
I giorni passavano e la maiala accumulò un discreto gruzzoletto. Ormai i figli si saziavano facilmente e quindi decise di continuare a professare per togliersi degli sfizi.
Dalle tv al plasma alla macchina nuova, dai gioielli alle borse.. insomma, l'attività iniziata con un nobile scopo, divenne una malattia irrefrenabile di shopping compulsivo.
La voce della presenza della maiala prostituta fece ben presto il giro delle fattorie e arrivarono sempre più porci, bramosi di ottenere un facile orgasmo ad un giusto prezzo.
Ma un giorno il fattore, vedendo il caos causato dalla lunga fila di porcelli in attesa davanti alla maiala meretrice decise di porvi rimedio e la isolò in un recintino apposito, temendo stoltamente (in fondo era un fattore non certo un premio nobel) fosse colpa della luna piena.
Il giorno successivo, un ex cliente della disinibita suina, che era un facoltoso maiale dell'alta borghesia porcifera, innamoratosi perdutamente della baldracca, decise di farla fuggire da quella prigione fatta di paletti di legno e fil di ferro e la portò, insieme  ai suoi porcellini, alla sua dimora posta in una fattoria poco distante.
Tra i due scoppiò ben presto l'amore, grazie soprattutto agli agi in cui sprofondò la maiala che da ex prostituta divenne semplice mantenuta. Ora aveva davvero tutto quello che poteva desiderare e come in ogni buona fiaba che si rispetti... vissero tutti felici e contenti. Beh, un po' meno contenti le centinaia di suini che cercarono inutilmente la maiala in lungo e in largo bramosi di far del sesso. Ma niente. Ella era sparita alla loro vista, così decisero di soddisfare le loro voglie altrove. Da allora, oche e galline si guardarono sempre le spalle ogni qual volta si recavano all'aia. E persino la storpia capretta Gaja iniziò ad aver qualche sentore di pericolo...

Ogni riferimento a film romantici come per esempio "Pretty Woman" per dirne uno a caso, è puramente cauale. D'altra parte adesso non è che se uno racconta la storia di una mignotta che si redime per divenire mantenuta dev'essere per forza plagio del suddetto film. Tzè.

sabato 11 febbraio 2012

La vera storia di San Valentino

Lo sapete perché è San Valentino il patrono degli innamorati? E non, per esempio, Santa Tecla che vien sempre nominata (a mio avviso ingiustamente) troppo spesso, ma nessuno sa chi sia?
Ebbene, le Scritture narrano di questo simpatico omino canuto e barbuto che si dilettava nel mettere cioccolatini sulla sedia di chiunque si accingeva nell'atto della seduta.
"Ogni volta la solita storia Valentino!" dicevano le vittime delle sue burle. "Hai quasi 60 anni per dio! Smettila di fare il cretino!".
Ma a lui non importava poi così tanto esser sgridato. A lui importava ridere e fare burle.
Però erano sempre le stesse.
Durante i banchetti la gente arrivava e splat! Si sedeva sul cioccolatino di Valentino.
Poi si sa, che nell'antica Roma (mi ero dimenticato di dirlo? Vabè.. siamo nell'antica Roma) la gente era abbastanza suscettibile. Così un bel giorno, stanchi di queste burle, decisero di decapitarlo in malomodo.
Poi la Chiesa decise così su due piedi di farlo Santo perché martire. Beh insomma, a quei tempi i martiri scarseggiavano quindi dovettero usare gli scartini.
Ma il mistero del perché sia patrono degli innamorati permane.
Beh cosa pretendete? Almeno sapete il perché ci si scambia i cioccolatini!


Consiglio dell'autore: per assaporare di più questa inutile festa idiota, stringetevi mano nella mano oh dolci coppiette. E leggete insieme questa storia, crogiuolandovi nel calore dell'amore. Poi scopate ok, ma prima... leggete.

sabato 4 febbraio 2012

Cenerentola

Evvai con una terza fiaba riadattata in chiave moderna, per i bimbi degli anni duemila. Che, insomma, non si bevono più le boiate buoniste della Disney, ma bramano altresì sputi di realtà in questo piatto maleodorante che si chiama vita.
Però devo allertare i genitori che questa fiaba è veramente brutta. Ma di quelle pesanti e anche un po' drammatiche perché parla di puttane e droga. Voglio dire, ok che ormai basta accendere la tv e trovi già tutto lì, però... Ecco insomma. Leggetela con il giusto cipiglio. Sapete che scrivo anche termini a caso solo perché mi sembrano fighi? Ah, ecco. 

C'era una volta, nel ridente paesino di Milano Due, una famiglia di abbienti. Di quelli ricchi ricchi, che tipo possono comprar una Ferrari tirar sotto un bambino povero e davanti ai genitori piangenti bruciar tutto per dimostrar che possono ricomprar la macchina perché hanno i soldi, ma il loro bambino (eheh) no.
Ecco, insomma, quei ricchi cattivi che poi alla fine sono poveri arricchiti. Insomma, i peggiori. Ed era composta come tutte le belle famiglie da madre, padre e figlioletta.
Un bel dì, diversi lutti colpirono questa famigliola allegra. Dapprima morì la madre, ma il marito voglioso e bramoso di amore si risposò con una donnona ancor più acida e austera che portò in dote due figlie avute da un precedente matrimonio: Anastasia e Genoveffa. Che con dei nomi simili, voglio dire, solo una madre snaturata poteva darne di simili. E poco tempo dopo, già che c'era morì anche il padre, lasciando la sua figlioletta sola soletta.
Questa famiglia era ora composta dalla madre arcigna, dalle due figlie viziatissime e dalla giovanissima figliastra che con tutti 'sti lutti si diede ben presto alla droga più pesante e fu così soprannominata con disprezzo Cenerentola poiché se potesse tirerebbe su anche la cenere dei mozziconi di sigaretta.
La giovane fu così depressa che oltre a drogarsi si prostituì per aver i soldi necessari per comprarsi la droga.
L'arcigna matrigna la relegò nelle segrete a far il bucato della famiglia, ma ben presto capì l'errore di dare dei preziosi abiti in mano ad una drogata e pure puttana.. e così decise di riscuotere parte dei soldi provenienti dalla svendita vaginale della figliastra per arricchirsi.
Un giorno, l'intera famiglia venne scossa dalla notizia del Gran Ballo nelle stanze della reggia del re di Milano Uno. Iniziò un gran fermento. Shopping sfrenato per acquistare le vesti più preziose, coiffeur raffinati per i capelli, manicure, pedicure... insomma... un gran bel guazzabuglio.
Cenerentola, però, non venne invitata e la famiglia decise di lasciarla lì in cantina con un vecchio laido cliente e una siringa di eroina mentre loro si diedero alla pazza gioia.
La giovane drogata, stanca e triste, iniziò a piangere perché in realtà lei non amava quella vita, ma voleva divertirsi con il re a ballare e danzare. Lentamente chiuse gli occhi e iniziò un trip allucinante. Come per magia, gli scarafaggi e i topi nella cantina si trasformarono in cavalli, la siringa in carrozza e il vecchio laido cliente divenne il nocchiere. Riuscì ad entrare nel palazzo, ammantata con un abito regale e delle scarpette di cristallo. Poi vabè, ballò, si innamorò del principe Filiberto, poi scappò perché a mezzanotte doveva rientrare se no tornava ad essere una squallida drogata, ma perse una scarpetta e fruc! il principe non sapendo chi fosse fa ordinare di rapire ogni giovane della nazione per trovare quella giusta alla quale apparteneva la scarpa. Insomma, un casino della madonna ma alla fine i due si ritrovarono, si sposarono e vissero felici e contenti.
Questo fu l'ultimo sogno della povera Cenerentola che quella stessa notte, mentre veniva cullata da questo sogno dettato da un trip pesante di metanfetamine, coca ed eroina, morì di overdose.
Insomma, una storia simile solo una drogata poteva immaginersela no?

Morale della fiaba: non drogatevi o sognerete di sposarvi.



mercoledì 25 gennaio 2012

L'angolo della poesia: Oh Terremoto

Oh Terremoto, che sballottoli tutto e tutti,
oh movimento sismico che fai persin cader dagli alberi i frutti.
Ero a letto quando ti sei scatenato.
Tutto tremava, dalla mansarda allo scantinato.
Ma sarebbe stato bello se di 5 minuti avessi anticipato,
perché sul cesso ero adagiato!
Sai che ridere, mentre il mio cul lavorava
e tu, tutto tremava!
Le grandi risate sarebbero scoppiate per questa esperienza,
ma non ditelo alla vegliarda nonna Enza.
Ella infatti su un grande cesso si trovava
quando il terremoto si scatenava.
Dal panico fu presa e si sentì perduta,
e cadde nell'enorme tazza, essendo ella piccola e minuta.
Per molte ore le sue tracce si son perse,
ma poco fa in una fogna riemerse.
Un bello spavento non c'è che dire,
ma vivaddio non perì nelle cloache spire.
Oh terremoto, hai fatto il tuo dovere alzando i toni.
quindi ti prego, non romper più i coglioni.

domenica 22 gennaio 2012

Il gabbiano di lago

Oh care mie piccole lettrici e cari miei piccoli lettori. E' giunto il solito momento per la solita storiellina inventata da quel burlone compiaciuto che è l'autore di questo blog. Tra l'altro, blog seguitissimo (grazie di cuore) persino in Cina, a Malta e unico svago nelle miniere della Siberia. 
Aldo Grasso ha definito questo blog, in un suo recente editoriale sul Corriere: "Sobrio, bonario e cazzone". Il cardinal Tettamanzi, ex vescovo di milano e ora nullafacente lo ha definito come "Sostituto degnissimo dei vespri serali". Insomma.. un trionfo.

Il racconto odierno, narra delle gesta di un gabbiano di lago. Molti di voi sicuramente avranno notato questi simpatici volatili, belli alla vista, svolazzare su tutti i principali laghi. Ebbene, questa è la storia di uno di loro.
C'era una volta un gabbiano di lago, che viveva in un nido attrezzatissimo nel centro di Milano e ogni dì faceva il pendolare fino al Lago Maggiore dilettandosi nel pescare, ingurgitare il pesce e defecare.
La buffa curiosità di questo gabbiano era che soleva defecare indosso ad ogni individuo, sia animale che (soprattutto) umano.
Insomma, cagava ovunque e in ogni momento. Pensate che un giorno incontrò persino una celebrità: il gabbiano Johnathan Livingstone e gli cagò indosso una librata abbondante di merda liquida.
Ma non lo faceva apposta, gli veniva naturale.
Aveva un problema.
Il suo obiettivo preferito era però uno stupido umano dalla forma bizzarra, con un sorriso strano... talmente strano da suscitare nel gabbiano un incontrollabile bisogno di cagare e così lo bersagliava quotidianamente con tanti piccoli bigoli di merda tanto da obbligarlo ad uscire con l'ombrello anche nelle calde giornate di sole.
Il gabbiano, stufo di essere additato da tutti con disgusto ed etichettato con brutti aggettivi, conscio di questo problema fecale, decise di sottoporsi dapprima ad un accurato check up in ospedale per poi finire su un lettino di un analista. Un luminare nel mondo dei gabbiani, il quale dopo diverse sedute dovette arrendersi all'evidenza che questo gabbiano non poteva vivere una vita normale e tranquilla.
Un giorno, il gabbiano incontrò una rondinella e se ne innamorò.
Durante i primi appuntamenti riuscì a cagare a spruzzi intervallati e la giovane rondinina non se ne accorse, poi la portò a casa per fare all'amore e anche qui lei non se ne accorse anche perché il nido degli uccelli è al 70% costruito con la merda.
Poi un giorno il dramma. Dopo l'amplesso la rondinella decise di portare il suo nuovo bird-friend al ristorante e... insomma, vi tralascio i dettagli perché fanno veramente schifo.
Insomma, i due si lasciarono in malomodo e il giovane gabbiano di lago entrò in depressione.
La salvezza arrivò sotto forma di capra.
Infatti, un freddo martedì di gennaio, il giovane gabbiano tentò l'insano gesto del suicidio gettandosi sotto ad un treno, ma venne fermato da una capra di passaggio. "Ma che fai?" gli disse.
"La voglio far finita! Continuo a cagare e tutti mi schifano, non posso continuare a vivere così!" urlò disperato il povero gabbiano. "Ma smettila! C'è un rimedio! Ecco!" fruc... e gli mise indosso un recente ritrovato della tecnica animale che guarda caso vendeva la saggia capra.
Perciò oggigiorno, se vedrete un gabbiano svolazzare con sguardo fiero e un goffo pannolone.. non abbiate paura. I vostri vestiti e i vostri capelli non corrono rischi.

lunedì 16 gennaio 2012

Cielo di piombo Detective Stone

Là dove la jungla d'asfalto incontra una jungla un po' meno asfaltata, ma con del terriccio fangoso. Là dove il cielo è talmente ricco di agenti inquinanti da sembrar azzurro terso. Là dove i criminali se ne vanno in giro indisturbati con un cartello "sono un criminale". Ebbene, là, vive il Detective Stone.

E' una Los Angeles sempre più tetra quella in cui si ritrova impantanato Stone. In un caso di estrema difficoltà. La sua macchina, infatti, si ritrovava a sprofondare in una fanghiglia maleodorante vicino al distretto ricco dei magnati Hollywoodiani. Un altro omicidio perpetrato dall'infame "checazzocollezioni killer"ai danni di un attore famosissimo: Justin Bieber, che tempo fa abbandonò la carriera musicale da bimbominkia per intraprendere la fortunata carriera di attore, dove nel corso degli anni vinse ben 9 premi oscar.
"Zozzo destino infame!" urlò con disprezzo il detective, cercando di sgasare il più possibile per uscire da quella massa informe di fango. 
Insomma, siamo nel futuro, ma le insidie della wilderness sono sempre in agguato.
"Non sembra neanche fango!"
Stone scese così dall'auto per ritrovarsi sommerso dalla merda. "Ecco, come immaginavo...non è fango" pensò prima di esplodere in un pianto poco virile, ma molto sentito.
Dopo aver chiamato un carro attrezzi ed essersi tolto tutta la merda dai vestiti con un bastoncino dei gelati, giunse alla casa del Bieber ucciso.
La solita vista di uniformi fuori dalla casa, i soliti poliziotti nudi che si dilettavano nel rivestirsi con esse, le sirene... insomma, la solita solfa era lì ad accoglierlo. 
Ma l'accoglienza non fu delle migliori, visto che la puzza insostenibile del suo essere era tale da far indossare a tutti i presenti delle mascherine da obitorio. E non era certo per il cadavere.
Già, il cadavere. Dove poteva trovarlo se non in camera da letto? 
Dopo aver perlustrato la casa in cerca di indizi utili, Stone entrò nella camera da letto del Bieber. Ma uno spettacolo ignobile gli si parò dinnanzi.
Il corpo era posto in una strana posizione.
Sembrava stesse auto-praticandosi del sesso orale. 
"Dannazione! La solita sfida del checazzocollezioni killer." disse il detective con rassegnazione.
 Accanto vi era un post-it, incollato sul comodino. "Non sono stato io ad ucciderlo. Beh, l'idea era comunque quella di ucciderlo e perché no, anche in quella posizione, però era già così quando sono entrato. Costui era un pervertito. E si è auto-assassinato. Un po' di lavoro in meno. Ah ah ah Squek!... ehm, intendevo. Addio. "
"E' lui! Presto, portatelo alla scientifica e fatelo analizzare! Voglio le sue impronte!"
Vide anche il trofeo mancante: l'orrido nasino alla francese dell'attore.
Mentre uscì dalla stanza, il suo occhio vigile e attento notò ai piedi del letto qualcosa. Una piuma bianca...
"Mah... sarà del piumone..anche se è estate piena e ci son 40 gradi... beh sarà comunque di un piumone o di un piumino leggero." e con una scarpata la allontanò.
Nel frattempo, in lontananza sulla collina che sovrasta la città, un pellicano senza una piuma del deretano agitava le ali in segno di disprezzo.

... continua ...

domenica 8 gennaio 2012

La pulce riottosa

Oh miei piccoli lettori! Spero che le vacanze natalizie siano state gradevoli e grasse. Si, già vi vedo impegnati a mangiare i rimasugli del cenone e delle altre varie cene opulente. Zozzi.
Ma so anche che avete dormito sonni inquieti e terrificanti senza le mie fiabe della buonanotte. Dai, sarò più buono con voi e vi diletterò con una nuova fiabetta. D'altra parte anno nuovo vita nuova, sopra la panca la capra canta, ma sotto la panca.... madonna mia crepa!

C'era una volta,
in un sottobosco pilifero, una pulce ribelle. Da sempre attratta dalle polemiche e dalla voglia di cambiare il mondo decise un bel giorno di lottar contro il sistema.
D'altra parte aveva passato la sua intera vita (2 giorni... ma si sa che le pulci campano poco) a leggere libri anarchici. Quindi la sua mente era piena zeppa di questi ideali.
Le altre sue compagne pulci non erano però di questo avviso. Loro lì stavano bene. Rompevano i coglioni al cane che le ospitava e sinceramente non avevano voglia di avventurarsi in queste nuove (seppur eccitanti) avventure.
Quindi la pulce si trovò ben presto sola a lottar contro il mondo.
Ma era determinata. E questo faceva la differenza.
Prese carta e penna e fece un elenco di cose da cambiare (pelli più unte, capelli più grassi, peli più crespi) e mise il foglietto nel taschino della sua camicia stile grunge. Prese un casco, il megafono, un martello, un cuscino a moh di scudo e si mise sull'attenti, pronta a scatenare un putiferio nelle strade.
Ma niente.
Non successe praticamente nulla.
D'altra parte era solo una piccola, minuscola pulce che voleva cambiare il mondo... nessuno la cagava, neanche di striscio, nessuno la sentiva.
Un bel giorno il padrone del cane prese un collare antipulci.
E fu la sua fine.

Quindi o piccoli lettori, la morale è la seguente: non valete nulla. Non sarete nessuno nella vita. Nessuno vi caga. Ci sarà sempre qualcuno più grande di voi che vi schiaccerà o peggio...comprerà un repellente.