C’era una volta, in un bosco che tanto fatato non era poiché
era un bosco sito in una valle teutonica, un uccellin dalla bellezza assai rara.
Egli avea un corpicino affusolato, le alette ben formate e
una folta chioma, composta quasi esclusivamente da penne lunghe e sottili (il
resto era guano impiastricciato su di esse a mo’ di gel), della quale andava
molto fiero.
Era una di quelle cose che lo rendevano affascinante agli
occhi delle giovani uccelline tedesche. Cardelline, usignole, a volte anche
piccioni femminielli (ossia quelli che sebbene aitanti maschi desideravano altri aitanti maschi per
far dell’amore pennuto).
Insomma, era un gran casanova.
Ogni mattina egli usciva dal suo nido dopo aver passato
un’ora buona in bagno ad impiastricciarsi il ciuffetto di penne con del buon
guano fresco.
Un giorno, egli vagava per un’aia di un fattore con fare ciondolante e
pigro ed incontrò una simpatica tacchina che con quel difetto di pronunzia
tipico di tutti i tacchini, condiva ogni frase con un “glooo gloooo” . L'uccellin più volte cercò di impressionarla mostrando, anzi, sfoggiando la sua
meravigliosa chioma. Ma quella niente.
Provò anche a fare il cascamorto usando
tutte le tecniche a lui conosciute fino a quel giorno. Ma nient’ancora.
Allora, spazientito, le rivolse una domanda: “Scusami
tacchina, ma perché non cedi alle mie lusinghe? Non sei affascinata da me? Non
mi vuoi pennutamente tuo?”
“Guarda” disse lei con un largo sorriso. “non sono interessata, glooo, dico sul serio. glooo.”.
Ma l’uccellin non mollò il colpo e divenne asfissiante,
chiedendole ancora il perché.
“non son interessata ad uscire con un volatile con della
merda spalmata sulla testa. gloooo.”. Disse infine lei con disprezzo neanche tanto
velato.
L’uccellin ci rimase male, ma così male che decise di
entrare nella prima bettola ad ubriacarsi. Inizialmente per dimenticare l'onta appena subita, poi per darsi coraggio. Prese a strapparsi con rabbia il folto piumaggio impomatato col suo sterco (comunemente e volgarmente chiamato guano), uno ad uno e si mise a
piangere con disperazione, abbandonando quell’aura di bello e impossibile che da anni lo
seguiva.
Fu così che da allora, si osserva un curioso e solitario uccello con la crapa
pelata che vaga con sguardo vacuo per le aie a cercare una tacchina bellissima, ma che sembra essersi volatilizzata nel nulla.
Lo stolto uccellin non sa però che il giorno dopo l'infausto incontro tra i due, un furgoncino della ditta AIA passò per l'aia e prese diversi tacchini (tra cui l'amata) per trasformarli in deliziose panatine.
Ma poi santiddio voglio dire, se una fiaba inizia con “c’era
una volta…” vuol dire che è successa tanto tempo fa. Quindi a quest’ora
(siccome la vita dei pennuti è breve) saranno sicuramente già defunti i protagonisti. Quindi non sprecate lacrime preziose, o stolti ma fedeli lettori.
GRANDE MATT!!!!!!! Sei tornato!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Più in forma che mai vedo! :-D
RispondiElimina