giovedì 23 giugno 2011

La fiaba della buonanotte

"A mille ce n'ènel mio cuore di fiabe da narrar (daaaaa narraaaaar).
Venite con me nel mio mondo fatato per sognar…(peeeeer sognaaaaar)
Non serve l'ombrello, il cappottino rosso o la cartella bella per venire con me…
Basta un po' di fantasia e di bontà, eeee diiiiiii boooooontàààà".



N.d.A. Esopo mi fa una pippa.


C'era una volta un bellissimo principe decaduto, di nome Mario che passeggiava allegramente per il bosco in sella al suo cavallo, chiamato Trullo. 
"Sai Trullo" diceva il principe al suo destriero "oggi è proprio una giornata meravigliosa".
Mentre così parlava, si imbatterono in una vecchina tutta raggrinzita che apparentemente stava raccogliendo dei funghi...allucinogeni.
A quella vista il principe scese con un balzo da cavallo e in un baleno le era accanto.
"Avete bisogno di aiuto?" chiese l'aitante giovinotto all'anziana donnina.
"No no grazie" rispose la matura signora al suo nobile interlocutore.
"Insisto! Non faccia complimenti" rilanciò lui.
"Non insistere, non è il caso" tagliò corto lei.
Il principe cercò allora di lusingarla. "Eh, chissà come era bella lei quando era giovane!" . La vegliarda stava per cedere agli assalti curiosi del principe Mario, quando si accorse che, poco distante, il suo acerrimo nemico Babbo Natale stava dormendo beato, circondato dalle sue renne, in una sosta del suo lunghissimo viaggio di ritorno verso il Polo Nord; e stava per svegliarsi a causa del baccano causato da quel rompiscatole di un principe.
Eh si, amici bambini che mi state leggendo a bocca aperta, perché l'inoffensiva vecchina era in realtà la terribile strega Tapparella detta anche "la mejo fungara allucinogenara de Trastevere". 
La strega passò subito all'azione: dapprima trasformò il cavallo in un giornale, poi diresse la sua magia verso il principe Mario e lo trasformò in un Capodoglio, riducendolo così all'impotenza.
Stava per trasformare Babbo Natale in un bradipo, allo scopo di rallentare enormemente la consegna dei doni natalizi per il prossimo Natale, quando avvenne una cosa stupenda. Gli abitanti del bosco lessero sul cavallo trasformato in un giornale le malefatte della strega Tapparella e urlarono forte il loro disappunto così forte che la strega dovette desistere dal suo diabolico piano. Eh si, miei piccoli amici. Torno nuovamente a lasciarvi a bocca aperta... poiché non ci sono lotte in questa fiaba. E' bastato solo il forte disappunto a creare nella diabolica strega una rete di paturnie così forte da farla desistere.
E fu così che Babbo Natale riuscì a ripartire per il suo viaggio di ritorno.
Intanto, il Capodoglio, Trullo, la strega Tapparella e gli abitanti del bosco, fecero una grande festa, ove però il Capodoglio ingurgitò inavvertitamente dei fuochi d'artificio che esplosero contemporaneamente, uccidendo tutti.
E vissero tutti felici e contenti.

giovedì 9 giugno 2011

Tanti altri dolori per il giovine Waccher

Eccomi di nuovo tra voi, o miei fedeli lettori.
Siete pronti ad una nuova fiaba proibita? Si? Bene.
Chiudetevi all'interno dei vostri bugigattoli. Gettate via le chiavi ed immergetevi insieme a me in codesta nuova, esilarante e anche un po' eccitante avventura.

Ed ecco che il giovine Waccher, ora in un monastero, scoprì gioie per lui tutte nuove.
Delle gioie diciamo così, particolari.
Chiuso nella sua celletta angusta, passava tutto il tempo a leggere fumetti ottocenteschi.
L'ultimo ritrovato della tecnica era un fumetto riguardante un conturbante topo, chiamato Topolano.
Imparò molte cose nuove e, diciamo, non sempre caste.
Un giorno, stanco di fantasticare su animali disegnati, uscì dalla sua celletta per una lunga e corroborante passeggiata lungo i floridi percorsi monasteriali ed incontrò un giovine sacrestano che appena lo vide gli si buttò addosso con sguardo spiritato e sottopose i suoi glutei al giudizio del giovine Waccher, il quale, colmo di orrore tentò di scappare verso il monastero. Non riuscì a fare che poche zompate che gli bloccò la strada Berta, una suora depravata 55enne molto sessuale che, ignuda, gli si fece incontro e... se lo fece.
I due corpi erano un tuttuno disgustoso, i muggiti di piacere di lei facevano da contrappunto ai rochi fonemi del Waccher che non capiva come diamine fosse possibile finire in siffatta situazione.
E nei monasteri, così come nell'amore, l'imprevisto è dietro l'angolo.
Ecco infatti che il vecchio abate, braghette in mano, si buttò a pesce sui corpi aggrovigliati dei due squallidi amanti.
Ma all'arrivo dell'arzillo vegliardo, il Waccher rinsavì. Scostò brutalmente la laida suora e fuggì a braghe calate verso la sua celletta.
"Ma perbacco" esclamò tutto ansimante "che monastero degenere!".
Il Waccher era voglioso di amare giovini donne, non entrare nei sordidi peccati di un gruppo di vecchi assatanati, rinchiusi in quattro mura non più tanto sacre.
E fu così che scappò da quel posto per non farvi più ritorno.
Decise di tornare in città. Alla fine, pensò, non potrà mai essere peggio del monastero.
Ma si sbagliava...

domenica 5 giugno 2011

I dolori del giovine Waccher

Augustus Waccher, era un giovinotto dell'alta borghesia prussiana.
Molti ragazzotti della sua età partivano a prestar servizio per il Kaiser, essendo quelli dei tempi difficili in cui vivere.
Ma Augustus era uno di quei fortunati paraculi che grazie ad amici di amici del padre, riuscì ad evitare un probabile bagno di sangue.
Lui, da giovinotto sveglio, intuì subito le enormi potenzialità di quella situazione. Un'intera nazione senza ragazzi della sua generazione... ma piena zeppa di donzelle dal gentil sesso.
Gli ormoni ormai saltellavano senza riguardo da mesi, voleva deflorare quante più ragazze possibili.
C'era solo un piccolo problema.
Era un verginello.
Le pulsioni c'erano sempre, ahimè, e spesso e volentieri ricorreva all'antica arte auto-amatoria, comunemente detta "trivella" (n.d.a. il termine a noi più comune "sega" entrò nel linguaggio popolare solo alcuni decenni dopo, grazie alle impudiche gesta di un ignoto carpentiere), ma adesso, pensò, era giunto finalmente il momento di mettere in pratica tutte le fantasie covate per anni, in solitudine.
La prima vittima era già segnata: Giuseppa, giovane rampolla della dinastia Merdaccher con la quale aveva passato gran parte dell'infanzia giocando a rimbalzello.
Ora era il momento di far rimbalzare qualcos'altro, pensò.
La giovane diciottenne ricevette la visita di Augustus in poco tempo. Lo trovò completamente ignudo nella sua camera da letto. Augustus infatti, non aveva perso tempo... si era arrampicato sulla grondaia di casa Merdaccher e si era intrufolato nella camera da letto della giovine pulzella.
Giuseppa, scioccata dalla situazione aprî la bocca, ma non riuscì a proferir parola alcuna... anche perchè del giovane Waccher non riusciva a togliere lo sguardo dal possente membro che svettava sbarazzino. Una cosa impressionante. Giuseppa mise lo stupore da parte e si gettò a capofitto su quello che sembrava essere un regalo di Natale anticipato. Ma... il giovine Waccher... ormai abituato alla sua velocità e alla sua maestria manuale... non durò che pochi secondi e inoltre...sbagliò orifizio! Giuseppa, indignata lo cacciò subito via da camera sua a male parole.
Augustus era in piena crisi mistica. Non poteva essere vero! Madre natura lo aveva graziato con un dono speciale, ma... non sapeva usarlo! E ancor peggio.. non sapeva controllarlo!
Ma come spesso accade, il destino accorse di nuovo ad aiutare il giovine disperato, presentandogli una donna  dalla bellezza fuori dal comune. La baldanzosa Caterina. Donna dall'antica professione che esercitava nella via accanto a quella della Merdaccher.
"Che hai o giovinotto?" chiese la meretrice.
"Niente, ho un gran fardello ma nessuna che lo voglia!" disse Augustus tra le lacrime.
"Mo ci penso io a te! Vien qua!" disse la donnina allegra che... tra mille moine scoprì il pesante arnese tra le braghe del Waccher.
"Orco boia!" esclamò con gioia la donnaccia. "Te lo voglio ingoiare!" urlò.
Waccher, spaventato dall'affermazione si tirò su i calzoni e scappò urlando di terrore via dalla città. "Possibile che nessuna mi voglia??? O non son capace io, o mi voglion mangiare!" disse il beota prussiano.
E fu così che, entrato in un convento dopo giorni di fuga, scoprì le gioie di un altro piacere. Questa volta monacale.
Se capite a cosa alludo... avrete un'idea in che altro guaio si cacciò il giovine Waccher.

Fin

giovedì 2 giugno 2011

Opossumissimevolmentespiralidoso con bacon e lemuri

Eccoci finalmente giunti al termine della saga più amata dal pubblico di facebook. Oltre un milione di fan in soli 6 giorni e (pare) abbia scalzato persino la bibbia dal trono dei best seller.
Lo so, lo so... la fine è sempre dolorosa, ma bisogna pur farsene una ragione. D'altra parte oh, mica mi pagano per scrivere 'ste boiate. Quindi pigliatevi la storiella demenziale e custoditela nel vostro cuoricino.

La piccola lemure non ebbe nessuna illuminazione sia chiaro. Era solo una lampadina accesa nelle profondità della foresta. Che ci faceva una lampadina lì?? Boh, è un mistero... ma diamine, lasciatevi cullare dalla fantasia no??
Insomma, questa lemurina era sempre nella sua condizione di impaturniata cronica. Se possibile, lo era ancora più di prima perchè ogni azione che compiva, si ripercuoteva sulla sua psiche ormai molto fragile.
Aveva fatto alcune avventure, aveva avuto ripensamenti... convinzioni... ma era sempre vuota.
Un giorno incontrò una lumaca per strada. Era tutta sola... sembrava triste.
La lumaca le disse che era stata abbandonata dal marito lumacone.
Più avanti notò una poiana piangente... tradita dal falco-fidanzato.
E ne incontrò tante di queste storie lungo il cammino. Ma se ne reso conto solo adesso.
Non bisogna mai dare per scontato l'amore. E la lemurina rimase colpita da questa sua riflessione... perchè ha sempre saputo che l'orrido opossum l'amava. Tanto. Ma lei cercava a volte l'impossibile. La perfezione in mille cose. A volte invece, le cose erano facilmente risolvibili con un confronto... e a volte ancora, era soltanto un periodo sbagliato... E la voglia di nuove esperienze... era solo un capriccio. Per testare se stessa. Per capire che in questo mondo era accettata. Era amata anche da altri. Ma gli altri... non erano quelli giusti per lei.
E in amore bisogna soffrire... bisogna percorrere strade a volte tortuose e dolorose per rendersi davvero conto di chi si vuole al proprio fianco. La vita è meravigliosa, ma in due... è tutta un'altra cosa.
E fu questo pensiero a far tornare indietro, di corsa, la lemurina verso casa. Dal suo opossum sfigato.
L'unico capace di capirla, suo amante e suo confidente.
Ed ecco che, entrata nella fetente catapecchia... lo vide sul divano in uno stato che dire osceno, è un eufemismo. Barba lunga, canotta imbrattata di lardo, mutandoni ascellari e un tanfo nauseabondo.
Così si era ridotto durante la sua assenza.
Un essere ancora più abietto.
Ma nonostante tutto... lei lo abbracciò e gli sussurrò "sono tornata......e so volare!". D'altra parte... una non è che può star via mesi facendo un'avventura della madonna e tornare indietro come prima... voglio dire... almeno un superpotere! Il come l'abbia acquisito non è importante... e sinceramente non sono manco fatti vostri.

THE END

Beh? siete delusi? cosa preferivate? L'opossum che le tirava un calcio in culo e la faceva rotolare fuori di casa? Ohè! Il finale lo gestisco io dannate menti malate che non siete altro! 
Se volevate orrore e tensione... allora dovevate andare a leggere ed ascoltare "Ad ogni costo" di Vasco Rossi. Una delle merdate più cagose della storia della musica spacciata per grande cover. Ma andate a ..... 


Una foto del lemure volante, per gentile concessione de "Papa Benedetto XVI"