Prussia, tanti anni fa. Non troppi, ma comunque tanti.
Il giovine Waccher visse così i mesi più terribili della sua esistenza. Era bramato e posseduto dall'allegro omino canuto che lo aprì alle giuoie dell'anale-sesso. Pensava volesse giocar a briscola, o tuttalpiù una partita a ramino, giuoco di carte molto in voga tra la plebe prussiana dell'epoca.
Ma la sua proverbiale inettitudine coprì i suoi occhi con spesse fette di salame. E non solo in senso metaforico! Infatti il vegliardo (che per inciso era un pervertito) si dilettava a cospargere il corpo del Waccher con diversi salumi. Il perché rimane un mistero, ma adesso non siamo certo qui ad indagare i misteri della psiche umana, suvvia.
Il Waccher un mattino di novembre, si svegliò nel suo giaciglio stanco di questa condizione. Lui voleva il gentil sesso! Non voleva questo! Si strappò di dosso l'allegra sottanina rosa perlata donatogli dal suo carceriere (gli donava si, ma era alquanto fuori luogo) e aprì la porta della casupola.
"Ah" disse "era così facile fuggire? Tutti questi mesi, pensando di essere in trappola... e la porta era aperta?" E richiuse la porticciola alle sue spalle.
Ma come dice il famoso detto "si chiude una porta, si spalanca un portone", ecco che dalla cattedrale posta di fronte alla casupola si spalancò il portone centrale e fuoriuscì nientepopodimenoche... l'Arcivescovo di tutte le Prussie. Egli si avvicinò al Waccher con aria di sfida ed occhi iniettati di sangue. Si, soffriva di congiuntivite acuta, ma codesta è una storia che nulla c'entra con codest'altra.
"Tu! Tu sei un reietto! Tu sei ignudo! Tu sei un miserrimo individuo abietto e ricco di malaffare!" gli urlò contro.
"Ma io... ecco in realtà...si è vero, ma..." cercò di proferir parole compiute il Waccher, ma senza esito.
E così com'era apparso, l'arcivescovo di tutte le Prussie sparì.
Si sa che un tempo gli alti prelati erano alquanto burberi e fuggitivi e anche questo, quindi, non era da meno.
Il Waccher però fece tesoro di quelle dure parole. Era ignudo, senza l'allegra sottoveste. Decise così di sottrarre le vesti ad un mendicante poco distante, tramortendolo inoltre con una sassata, poiché gli sembrava brutto derubare un pover'uomo sveglio.
Ora era rivestito. Ma rimaneva sempre senza una meta. E senza alcuna dignità.
Vagò per la città durante tutto il dì. Incontrò tante genti, ma nessuno con un lavoro per lui.
Si sentì frustrato. Ma al calar delle tenebre... una giovine ragazza si palesò d'innanzi. "Ma tu... tu sei quel ragazzo scurrile che mi ha abbordato tempo fa dinnanzi ad una chiesa! Ti colpii con un sonoro ceffone. Mi ricordo di te!" disse. Ma sì, certo! Era quella ragazza dai capelli color paglia e gli occhi azzurri che fece perdere il senno al giovine Waccher che perse anche i sensi dopo quel ceffone. "Ehm si, sono io giovinetta. Vogliate scusarmi per le inopportune parole proferitevi tempo orsono. Ma son cambiato, ve lo giuro. Il fatto è che dico parole senza senso alcuno, a volte sbagliando e facendomi fraintendere dalle persone. Specialmente quando son emozionato." disse Augustus.
"Dispiace anche a me per quel gesto, ci ho pensato per mesi e mesi e ho pregato il Fato per rincontrarvi e chiedere perdono. Ve ne prego, siate mio ospite, vi vedo affranto e vestito di cenci." disse la fanciulla con un bel sorriso.
Il giovine Waccher non se lo fece dire due volte e si recò nella dimora della giovinetta. Beh, più che dimora... era una stalla con sopra una piccola topaia.
Ella era un'allevatrice di bestie. Mucche, capre, pecore, cavalli, buoi, galli da combattimento, topi da corsa... insomma, allevava un po' di tutto.
La giovine si rivelò essere un'amabile compagnia per il Waccher. E dopo una frugale cena a base di barbabietola e cipolla Augustus ebbe il coraggio di chiederle il nome.
"Mi chiamo Lucilla." disse la giovinetta. Augustus scoprì inoltre che Lucilla era un'allevatrice da pochi anni. Dopo la morte dei suoi genitori si ritrovò da sola a dover affrontare il temibile mondo della pastorizia e dell'allevamento senza aver ricevuto un'adeguata istruzione. E infatti, il Waccher, recatosi nella stalla per allestir un giaciglio per la notte (la giovine Lucilla era molto timida e non acconsentì a farlo rimaner nella topaia) si rese conto del gran macello in quell'ambiente. Mucche poste nell'aia. Galline poste nei recinti. Capre messe a testa in giù e via discorrendo.
Si mise in un cantuccino, accanto ad un pagliaio pieno di aghi. "Sarà per paura di non trovar più un singolo ago? Così ne ha messi molti? Mah" pensò il Waccher. E si adagiò.
Iniziò a parlar tra se e se. "chissà se potrò instaurare un rapporto con codesta fanciulla senza mandare tutto all'aria come mio solito". E mentre parlottava. Ecco avvicinarsi un simpatico cavallo.
"Si, certo che potrai! Ella non faceva che parlar di te giovanotto".
Il Waccher si spaventò e si rizzò in piedi. Un cavallo parlante! Ohibò!!! Che stranezza!
Beh, in realtà non era così strano poiché il Kaiser in quegli anni si dilettava nel fare esperimenti genetici e diffondere nell'aere strane sostanze.
"Ma tu parli!!!" disse con stupore il Waccher.
"Certo e tu puzzi stolto umano! Dimmi qualcosa che non so! Tzè" disse con insolenza l'equino.
"Beh, in effetti... ma sai, si dice sempre così quando si è sorpresi. E poi beh, puzzo per colpa di questi cenci, ma son solito lavarmi! Comunque... come ti chiami o bestia senziente?"
"Mi chiamo Donato" disse il cavallo. " E ora ti convien dormire, perché domani devi chiedere a Lucilla di poter rimanere qui!".
"Ah" "e c'è bisogno di dormire eh?" chiese dubbioso il Waccher.
"Si stolto! Fai come ti dico".
E il Waccher, su consiglio del cavallo, si addormentò.
... continua ...
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