mercoledì 21 dicembre 2011

Another Christmas Carol

Oh, miei piccoli lettori. E' infine giunto il Santo Natale, ricco di doni. E basta. Eh si, cosa volete? Carità? Buon cuore? Fioretti? Opere di bene? Ma vaffanculo va! REGALI. E' questo e solo questo che volete o piccole iene saprofaghe. Quindi, come un novello babbo natale markettaro in una nota multinazionale delle bibite, mi accingo a decantar la classica fiaba natalizia. Una piccola strenna per voi tutti.


E' la sera della vigilia di Natale nel piccolo paese di Bobbolozzo. Si dice sia il momento più magico dell'anno. Lo sarà per molti, certo, ma non per il piccolo Riccardino. Un orfanello storpio e guercio che, seduto sui gradini della chiesa, sta raccogliendo oboli dalle persone di buon cuore che si sa, sotto natale abbondano. Sarà per mascherare il loro putrido cuore nero... sarà per farsi belli agli occhi degli altri... sarà semplicemente per stare in pace con loro stessi. Ma a Riccardino ciò non importa. Ha una scodellina bella colma di euri.
Il freddo è pungente e la sua canottierina insozzata non lo protegge poi così tanto. Decide così di tornare a casa, dalla sua povera famigliuola. Essi vivono sotto il ponte principale di Bobbolozzo, insieme a un'allegra combriccola di ratti.
Quella sera però, il piccolo Riccardino reca nei cuori dei suoi famigliari (da pezzenti certo, ma pur sempre cuori) tanta gioia portando tante monetine e persino due bottoni.
"Caspita! Anche due bottoni!" Esclama la mamma Gesualda con un sorriso luminoso, nonostante i denti cariati.
"E' stata una bella serata genitori!" dice con voce colma di gioia il piccolo Riccardino.
Il burbero padre Mario però non proferisce parola. E' sempre stato un uomo orgoglioso ed esultare per la miseria non gli pareva proprio il caso.
"Smbuff" bofonchia soltanto.
Riccardino intanto, si mette a giocare con i fratellini più piccoli, i quali non hanno un vero e proprio nome ma numeri: 1,2 e 3. Nel rigoroso ordine di espulsione dall'utero materno. Lui era il più fortunato poiché al momento della sua fuoriuscita la madre aveva ancora molta fantasia.
Ma torniamo a noi e alla famiglia di disperati.
Tutto sembra andare un po' meglio del solito. Gesualda cucina nel barile infuocato un paio di deliziosi scoiattoli e il brodo di topo sembra venir su bene.
Ad un certo punto, una famiglia di abbienti benpensanti fa capolino dall'alto della strada.
"Oh cielo, moglie. Osserva lì in fondo. Una famiglia di sfortunati." dice il padre statuario avvolto nel mantello da ricco.
"Buon cielo caro!" dice di rimando la bella moglie di vison impellicciata. "Che cosa dici? Sarà forse meglio tener testa alla tradizione natalizia che vede le belle persone come noi prendersi cura degli straccioni?"
"si si madre! facciamolo! Natale! Natale!" esclama con un odioso vocìo il figlioletto paffuto della coppia.
"Voi di laggiù!" "Di grazia!" esclamano in coro gli abbienti personaggi.
"Si?" "dice Gesualda con voce rotta dal timore.
"Vorreste aver la compiacenza di seguirci sino alla nostra dimora, per farvi offrire un lauto banchetto costituito da diverse prelibate portate?"
"oh diamine si! Va bene! Accettiamo" urlano in coro tutti quanti, tranne Mario che sentitosi punto nell'orgoglio decide di rimanere a guardia delle loro povere cose. "Andate voi, io rimango qui" biascica con fermezza.
Gesualda spegne il fuoco del pentolone e mette il tutto in una scatola trovata lì tempo fa, il cibo non si butta mai. E insieme ai figlioletti si unisce alla famiglia benestante.
"Perbacco che fetore..." bisbiglia il marito alle orecchie orecchinate della moglie.
"E osserva il figlio più grandicello... è un derelitto. Zoppo, mezzo cieco... corbezzoli che colpo che abbiamo fatto. Ci frutterà come minimo la platinum card del paradiso."dice sfregandosi le mani.
Una volta giunti alla dimora, Gesualda, Riccardino, 1, 2 e 3 spalancano la bocca per la magnificenza dell'enorme casa e per il tepore che emana.
"Accomodatevi, vi prego. Ponete le vostre terga su questi appositi strofinacci posti sul divano. Così non macchiate"dice la ricca moglie.
Riccardino, zoppicando, inizia ad esplorar la casa insieme al paffuto figlioletto della coppia benestante.
"Sai, io ho tutto! Ho tutti i balocchi di questo mondo!" dice con tono fiero ed odioso nel contempo.
"Eh si, lo vedo! O meglio...intravedo...sai, la cataratta" dice Riccardino con un groppo in gola. Il figlioletto ha davvero tutto quello che potrebbe desiderare un bimbo. Persino un'intera città in miniatura da distruggere a piacimento con dei robottoni giganti.
"Eh, io non ho nulla. Ho solo delle pulci da passeggio e null'altro." dice sconfortato Riccardino. "Ma riesci a fare così?" e si mette le gambe matte in un'innaturale posizione a 90 gradi dietro la schiena.
"Pfff, certo. Io posso tutto" dice con tronfia certezza il ciccione che appena prova a imitare il suo coetaneo sfortunato si ritrova incastrato con la testa sotto le grasse gambone. "Oddio! Son incastrato! Aiuto!" urla disperato.
Una risata sorge spontanea in Riccardino, che cerca di aiutare il ciccione a sbrogliarsi, ma inutilmente.
Intanto, Gesualda e gli altri tre bambini son seduti in sala, con di fronte la coppia agiata.
Iniziano ad intavolare una discussione, ma avendo pochi argomenti in comune la cosa non decolla e ben presto si arenano in un imbarazzante silenzio. La ricca donna cerca così di accelerare la cena dando ordini sempre più altisonanti agli sguatteri in cucina. E Gesualda inizia a pensare con tristezza al povero Mario, solo, la notte di Natale.
Ad un certo punto, mentre i servi iniziano a portare le portate in tavola, si ode un urlo pazzesco provenire dalle scale e un tonfo sordo. Il paffuto bambino sta ruzzolando dalle scale, cercando di correre dai propri genitori, ma il ruzzolamento lo porta dritto dritto sul flambé portato da un servo proprio sotto la scalinata.
Non vi dico il panico e il terrore che presto serpeggia sui volti di tutti. Fuoco ovunque.
"Nooooo, i costosi arazzi! I tappeti provenienti dalla lontana Persia! Gli stucchi di Gozzavignolino!" urla la ricca donna in preda all'isteria.
I servi provano a spegnere l'enorme fuoco scaturito dalla caduta del grasso bimbo, ma niente da fare. L'intera dimora è in fiamme.
Il marito prova ad avvicinarsi alle stanze, per portar fuori qualcosa, ma il calore è troppo forte. "Corbezzoli! Tuoni e fulmini! Cosa succede! Siamo perduti! Le nostre ricchezze!!! Dove dormiremo? Dove poggeremo le nostre ricche natiche?"
Ma ecco che Gesualda e i figlioletti, si fanno loro vicini e offrono una sistemazione momentanea alla ricca famigliola, ormai non più tale. I due controvoglia accettano e, portando con loro il bimbo paffuto ormai deturpato nel fisico in una curiosa conformazione ovoidale, si recano sotto al ponte.
Mario, vedendoli arrivare, inizia a sorridere. "Bene, bene. Ho visto il fuoco fin da quaggiù. Accomodatevi"
Riccardino, cercando di consolare il coetaneo, inizia a palleggiarlo con grazia e lo pone accanto ai genitori.
E mentre tutti insieme sono attorno al barile infuocato in cerca di tepore, una lunga fila di ratti addomesticati inizia a portar sulle loro schienine le portate della cena di Natale. E una lacrima, scende lentamente sulla guancia della ricca donna, mentre dal cielo iniziano a scendere dei fiocchi di neve.

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